Il precipitare della situazione militare, con il crollo del fronte appenninico e la liberazione di Bologna, inducevano Mussolini ad un tentativo estremo di compromesso.
Il pomeriggio del 25 aprile, nella sede arcivescovile e alla presenza del cardinale Schuster, egli si incontrava con i rappresentanti del ClnAl, Giustino Arpesani, Luigi Cadorna, Riccardo Lombardi, Achille Marazza e Sandro Pertini.
Le proposte del ClnAl erano precise e ultimative: resa incondizionata entro due ore; concentrazione di tutte le forze fasciste nel triangolo Milano-Como-Lecco e la loro consegna al Corpo Volontari della Libertà con formale deposizione delle armi. Secondo le testimonianze dei presenti, Mussolini sembrava sul punto di accettare la proposta, quando entrava nello studio Graziani, annunciando l'imminente resa dei tedeschi. La notizia interrompeva il colloquio: Mussolini, attonito, minacciava di denunciare per radio il tradimento tedesco e contemporaneamente si impegnava a dare una risposta entro un’ora al ClnAl.
I momenti successivi erano un intrecciarsi di consultazioni febbrili: mentre l’insurrezione divampava in tutta l'Italia del Nord, il fascismo viveva il panico della fine, isolato sia dai controllo degli eventi, sia da ogni contatto con la realtà.
La sera del 25 Mussolini prendeva la decisione della fuga, forse con il proposito di raggiungere la Svizzera, o forse una zona ancora controllata dalla Wehrmacht.
Prevedendo di essere prima o poi catturato dagli Alleati, lasciava Milano per Como, portandosi dietro una quantità di documenti che presumbilmente gli sarebbero serviti per la difesa in un futuro processo.
Da Como il viaggio proseguiva a rilento, tra timori di attacchi partigiani e dubbi sui percorso e sulla destinazione, finché nel pomeriggio del 27 aprile la colonna, composta da gerarchi fascisti e da soldati tedeschi, veniva fermata a un posto di blocco partigiano a Musso, poco prima di Dongo, sulla via per Svizzera. Mussolini,riconosciuto,venne condotto in una vicina casa colonica con l’amante Claretta Petacci.
Il mattino successivo venivano consegnati al rappresentante del ClnAl, Walter Audisio, il quale, secondo quanto avrebbe raccontato più tardi, giustiziava personalmente il Duce con una raffica di mitra. Lo stesso 28 aprile venivano fucilati a Dongo alti dirigenti fascisti e uomini vicino al Duce, tra cui Pavolini, Mezzasoma, Zerbino, Marcello Petacci.
Il 29 aprile i cadaveri di Mussolini, della Petacci e dei fucilati di Dongo vennero trasportati a Milano ed esposti alla pubblica vista in piazzale Loreto. Appesi per i piedi al tetto di un distributore di benzina, i cadaveri penzolarono per tutta la giornata, di fronte a una folla esacerbata e tumultuante.
Il pomeriggio del 25 aprile, nella sede arcivescovile e alla presenza del cardinale Schuster, egli si incontrava con i rappresentanti del ClnAl, Giustino Arpesani, Luigi Cadorna, Riccardo Lombardi, Achille Marazza e Sandro Pertini.
Le proposte del ClnAl erano precise e ultimative: resa incondizionata entro due ore; concentrazione di tutte le forze fasciste nel triangolo Milano-Como-Lecco e la loro consegna al Corpo Volontari della Libertà con formale deposizione delle armi. Secondo le testimonianze dei presenti, Mussolini sembrava sul punto di accettare la proposta, quando entrava nello studio Graziani, annunciando l'imminente resa dei tedeschi. La notizia interrompeva il colloquio: Mussolini, attonito, minacciava di denunciare per radio il tradimento tedesco e contemporaneamente si impegnava a dare una risposta entro un’ora al ClnAl.
I momenti successivi erano un intrecciarsi di consultazioni febbrili: mentre l’insurrezione divampava in tutta l'Italia del Nord, il fascismo viveva il panico della fine, isolato sia dai controllo degli eventi, sia da ogni contatto con la realtà.
La sera del 25 Mussolini prendeva la decisione della fuga, forse con il proposito di raggiungere la Svizzera, o forse una zona ancora controllata dalla Wehrmacht.
Prevedendo di essere prima o poi catturato dagli Alleati, lasciava Milano per Como, portandosi dietro una quantità di documenti che presumbilmente gli sarebbero serviti per la difesa in un futuro processo.
Da Como il viaggio proseguiva a rilento, tra timori di attacchi partigiani e dubbi sui percorso e sulla destinazione, finché nel pomeriggio del 27 aprile la colonna, composta da gerarchi fascisti e da soldati tedeschi, veniva fermata a un posto di blocco partigiano a Musso, poco prima di Dongo, sulla via per Svizzera. Mussolini,riconosciuto,venne condotto in una vicina casa colonica con l’amante Claretta Petacci.
Il mattino successivo venivano consegnati al rappresentante del ClnAl, Walter Audisio, il quale, secondo quanto avrebbe raccontato più tardi, giustiziava personalmente il Duce con una raffica di mitra. Lo stesso 28 aprile venivano fucilati a Dongo alti dirigenti fascisti e uomini vicino al Duce, tra cui Pavolini, Mezzasoma, Zerbino, Marcello Petacci.
Il 29 aprile i cadaveri di Mussolini, della Petacci e dei fucilati di Dongo vennero trasportati a Milano ed esposti alla pubblica vista in piazzale Loreto. Appesi per i piedi al tetto di un distributore di benzina, i cadaveri penzolarono per tutta la giornata, di fronte a una folla esacerbata e tumultuante.
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