La 1° divisione a Taranto prima della notte di Matapan |
Genesi
Il 13 e il 14 febbraio 1941 nella città di Merano si riunirono gli alti comandi navali italiani e germanico. Era la prima volta che il fresco di nomina Riccardi si incontrava con il parigrado Erich Raeder. La Regia Marina si presentò al convegno con tutto il fardello delle delusioni di quei primi sei mesi di guerra: scarsa aggressività della squadra da battaglia, impiego quasi nullo dei sommergibili, soggezione all'iniziativa nemica e, non ultimo, lo schiaffo del bombardamento navale di Genova di appena quattro giorni prima. Ben altro poteva vantare l'Amm Raeder: non solo l'uso aggressivo delle forze di superficie e subacquee, ma la grande operazione di conquista della Norvegia dove era riuscita a beffare la Royal Navy.
Facendo pressioni sulla differenza di risultati conseguiti dalle due marine, Raeder sollecitò operazioni offensive di navi italiane sia in appoggio al trasferimento di quei mesi dell'Afrika Korps in Libia, sia per contrastare i sempre più frequenti convoglio inglesi diretti in Grecia in previsione del prossimo attacco tedesco alla penisola balcanica.
Napoli, 23 marzo 1941:la nave ammiragglia italiana Vittorio Veneto appena giunta da La Spezia in vista dell'operazioneche porterà allo scontrodi Gaudo e Matapan. |
Queste pressioni fecero effetto e Riccardi riportò da Merano la convinzione politica che occorresse fare qualcosa per dimostrare a Berlino che la Marina italiana possedeva iniziativa e decisione. Così furono accelerati i lavori di completamento delle difese del Mar Grande a Taranto, trampolino di un'offensiva italiana verso le acque fra l'Egitto e la Grecia per tagliare il continuo flusso di rifornimenti che gli inglesi inviano in aiuto al governo di Atene.
Il Piano di Operazione
Appare evidente che per un efficacie contrasto di un continuo flusso di convogli carichi di rifornimenti, scortati solamente da forze leggere, la migliore soluzione consisteva nell'intensificare nella zona gli attacchi di sommergibili e di inviare periodicamente ( veloci formazioni navali composte da un paio di incrociatori e una squadriglia di Ct in modo da tenere sempre sotto pressione il nemico. A questo scopo gli ottimi incrociatori della VII e VIII Div si sarebbero potuti alternare in mare. La Regia Marina, per motivi politici, scelse invece la strada della missione in grande stile, di fatto irripetibile: anche se la missione di Gaudo avesse avuto successo, con la distruzione completa di un convoglio, non avrebbe modificato nulla nel quadro strategico del Mediterraneo Orientale.
Venne così deciso di far uscire l'elite della nostra flotta per un totale di una Nb 8 incrociatori e 13 Ct, il tutto per contrastare convogli solitamente composti da 4-5 mercantili accompagnati da un incrociatore e alcuni Ct. Anche Supermarina si rese conto della sproporzione di forze e per questo fu deciso di dividere le forze per compiere due distinte incursioni:
La Nb Vittorio Veneto, i veloci incrociatori delle III Div ( Trento, Trieste, Bolzano ) e la XII e XIII Sq Ct al comando dell'Amm Iachino, avrebbero dovuto effettuare un incursione a sud dell'isola di Creta, tenendosi nel raggio di azione degli aerei italiani basati in Libia e in Egeo.
Gli incrociatori Zara, Pola, Fiume della I Div e l'VIII Div con la IX e XVI Sq Ct al comando dell'Amm Cattaneto avrebbero dovuto effettuare un incursione a Nord di Creta addentrandosi nell'Egeo.
Appare evidente il rischio che correvano le nostre navi: lontane dalla basi nazionali, avrebbero operato in zone di mare infestate dall'aviazione nemica; la decisione di dividere le forze acuì ancora di più questi problemi data l'impossibilità dell'aeronautica di proteggere entrambi i gruppi. Così mentre gli ammiragli e generali si incontravano per migliorare la cooperazione aerea, che si può migliorare solamente con un serio addestramento e non con le parole la missione veniva approvata e fissato il giorno: le navi sarebbero salpate la sera del 26 marzo 1941.
Cosa sapevano gli inglesi?
Dopo la guerra si è molto parlato di ULTRA, la macchina inglese che riusciva a decifrare i messaggi radio scambiati dagli alti comandi tedeschi della Luftwaffe, e più volte si è detto che il fallimento dell'operazione navale del marzo del 1941 fu dovuto proprio a quel congegno elettronico di cui noi ignoravamo l'esistenza, ciò è vero solo in parte: già da parecchi giorni l'Amm Cunnighamm aveva notato dai rapporti delle sue navi un intensificarsi delle ricognizioni aeree nell'area dell'Egeo, mentre alcuni ricognitori di base a Malta avevano riferito che alcuni incrociatori italiani stazionavano nuovamente a Taranto, rimasta sempre deserta dopo l'incursione del 11 novembre; l'Amm ne dedusse naturalmente che gli italiani stavano preparando qualcosa per contrastare il traffico mercantile, fino ad allora indisturbato, verso la Grecia e ordinò subito l'intensificazione al massimo della ricognizione sulle principali basi e sulle probabili rotte della flotta italiana e dirottò quasi subito tutti i suoi sommergibili in zona. Da Londra intanto arrivarono alcuni messaggi di ULTRA che avvisavano come la Luftwaffe stesse schierandosi per coprire un'uscita nell'Egeo di considerevoli forze navali italiane, confermando l'intuizione di Cunnighamm. Ma la conferma avvenne il 25 marzo quando ULTRA intercettò un messaggio: "Supermarina informa che oggi e il giorno X-3 avvisate...."
Prima ancora che le nostre navi salpassero dai propri porti Cunnighamm ordinava: la sospensione del traffico da e per la Grecia, allertava tutta la flotta e ordinava alla 7° div incrociatori che si trovava in Egeo salpasse dal Pireo il giorno 27 ( X-1) per pattugliare le acque intorno all'isolotto di Gaudo.
Prime mosse e Suda
Alle 21.00 del 26 marzo la Nb Vittorio Veneto lasciò Napoli con la scorta di una Sq Ct, tutte le altre navi salparono da Messina, Taranto e Brindisi fra le 21 e le 23 dello stesso giorno. Alle 06.00 del giorno dopo la III div si ricongiungeva con la nave ammiraglia, mentre la I e VIII div si congiunsero alle 10:30 a sud-est di Capo Passero. La formazione navale era cosi disposta: in avanscoperta la III div, seguita a 7 miglia dalla Vittorio Veneto, a sua volta seguita a 16 miglia dalla I e VIII div. Già nella prima mattinata cominciarono le apprensioni: dei previsti molti aerei di scorta si intravidero solo due Cant Z.506 che mantennero la scorta antisom per alcune ore, ma sopratutto alle 12 e 35 un ricognitore Sunderland avvistò e segnalò la scoperta della III div. La sorpresa, requisito essenziale per la riuscita della missione, in gran parte già compromessa era ormai perduta. Mentre le navi di Iachino avevano appena iniziato la loro tragica missione un gruppo di sei marinai attaccarono la baia di Suda ( Creta ): il tenente di Vascello Faggioni, il sottotenente di vascello Cabrini, il capo motorista Tedeschi, il capo cannoniere De Vito, il secondo capo Beccati e il sergente Barberi, rispettivamente al comando di sei barchini esplosivi riuscirono ad superare tutte le ostruzioni, due barchini centrarono in pieno l'Ip York, che non riprese più il mare e venne distrutto definitivamente durante l'occupazione tedesca di Creta, uno colpì la petroliera Pericles, che riportò gravi danni, mentre un quarto barchino colpì un piroscafo provocando lievi danni. Veniva eliminato l'unico incrociatore pesante della M. Fleet. Appena gli incrociatori della III div furono scoperti, l'Amm Iachino capì che la missione era ormai compromessa e chiese a Supermarina se doveva invertire la rotta; dopo un agitata riunione tenutasi a Roma a cui parteciparono il segretario e il sottosegretario della marina si decise di continuare la missione perché un rientro sarebbe stato mal gradito agli alleati e a Mussolini stesso! Fu però deciso di eliminare la puntata offensiva dell'Amm Cattaneo e gli fu ordinato di riunirsi al gruppo principale la mattina del giorno dopo. Iachino informato che la ricognizione su Alessandria delle 14:35 aveva confermato la presenza in porto di tutte le navi principali, si rincuorò; purtroppo per lui però alle 18:00 fu informato che la ricognizione serale sul porto nemico era stata annullata per motivi atmosferici. Gli inglesi non avevano perso tempo e prima di sera tutta la Meditteranean Flett era in mare; la cosa più grave però fu che Supermarina fu informato da due distinti messaggi, che sebbene non confermati, annunciavano la presenza in mare di una portaerei e di una o tre Nb nemiche al largo di Alessandria, ma ciò non portò alla decisione di rinviare la missione né a informare Iachino. Avevano preso il mare le Nb Warspite, Valiant e Barham, la Np Formidable e 9 Ct; gli incrociatori della 7° div avevano ricevuto l'ordine di ricongiungersi con il grosso della flotta andandogli incontro.
Gaudo
Per motivi politici quindi, e ben sapendo che la Royal Navy non era più nei propri porti, la missione non fu quindi interrotta; la navigazione della formazione italiana durante la notte fu tranquilla e lungo la solita rotta, che la portava dritta nelle fauci del nemico!
Alle 06:35 del 28 marzo un Ro 43, catapultato poco prima dalla nave ammiraglia, avvistava la 7° div inglese, composta da 4 Il e 4 Ct, dell'Amm Pridham-Wippel a circa 40 miglia di distanza. Iachino ordinava subito alla III div di portarsi a 30 nodi per stabilire un primo contatto con il nemico, mentre tutte le altre unità ordinò di procedere a 28 nodi; è bene ricordare che ancora il ricongiungimento fra Cattaneo e Iachino non era avvenuto e che quindi gli ottimi incrociatori della I e VIII Div non poterono partecipare alla battaglia. L'ordine che Iachino aveva dato a Sansonetti era quello di ripiegare una volta stabilito il contatto per attirare la forza nemica contro la Vittorio Veneto, lo stesso ordine lo aveva ricevuto Pridham-Wippel da Cunnighamm che in quel momento si trovava a circa 90 a levante. Bisogna ricordare come la fortuna questa volta non aiutò la Royal Navy, infatti durante l'operazione di partenza la Warspite aveva aspirato dai condensatori una certa quantità di sabbia e fango e ridusse la velocità massima a circa 20 nodi.
Alle 08:12 i cannoni della III Div aprirono il fuoco sulle navi britanniche a circa 25.000 metri, quest'ultimi non potendo reagire con i loro 152 mm accostarono subito verso levante, in direzione della forza principale ubbidendo all'ordine del suo superiore. Sansonetti invece si gettò all'inseguimento convinto di avere in pugno una facile vittoria; purtroppo però le navi inglesi non furono colpite e l'Amm Iachino, timoroso che un lungo inseguimento verso levante avrebbe messo in pericolo la divisione di Sansonetti da attacchi aerei ordinò alle 08:36 di rompere il collegamento se non fosse stato possibile ridurre le distanze con il nemico. Dopo altri venti minuti di colpi sparati a vuoto e con le macchine a tutta forza da un'ora Sansonetti alle 08:55 ordinava di cessare il fuoco e di accostare verso ponente.
A questo punto gli incrociatori inglesi invertirono subito la rotta e si misero a tallonare la III div; questa mossa non insospettì Iachino nemmeno quando alle 09:00 ricevette un messaggio di un ricognitore italiano che segnalava la scoperta di una portaerei, due corazzate e naviglio minore in una posizione molto simile a quella italiana. Iachino e Supermarina pensarono che il ricognitore avesse avvistato la flotta italiana e si fosse confuso, ma la flotta italiana non aveva portaerei e una portaerei si riconosce molto bene!
Alle 10:59 con una ottima manovra l'Amm Iachino prese tra due fuochi gli incrociatori della inglesi, che continuavano a tallonare le navi italiane di retroguardia: da distanza di 23.000 la Vittorio Veneto apriva il fuoco, mentre gli incrociatori di Sansonetti sopraggiungevano dall'altra parte. Fu sicuramente il momento migliore per le navi italiane che tenevano in pugno una divisione di incrociatori nemici preoccupando molto lo stesso Cunninghamm.
Le navi italiane non furono in grado però di sfruttare questo buon momento, nonostante numerose salve cadessero a cavallo delle navi britanniche solo un colpo aveva causato lievi danni all'Orion, quando alle 11:18 furono avvistati 6 aerosiluranti inglesi; per difendersi le navi italiane furono costrette a interrompere il tiro sugli incrociatori nemici che riuscirono a ritirarsi con grande affanno. L'attacco aereo inglese non causò danni a nessuna nave italiana; Iachino resosi conto che le navi nemiche gli erano sfuggite e informato che il Formidable era in zona, dopo che la III div fu di nuovo attaccata da 5 aereosiluranti alle 12:07 senza nessun danno, dette finalmente l'ordine di rientrare. Ora Iachino però sapeva che una portaerei nemica, probabilmente accompagnata da forze pesanti, era in zona.
Le ore decisive
La missione era dunque fallita, al di là di alcuni colpi che si presumeva aver messo a segno su un incrociatore inglese. Il primo di una lunga serie di messaggi preoccupanti fu consegnato a Iachino alle 13:48 "Incrociatori nemici in contatto con voi trasmettono con continuità vostra posizione et vostri elementi di moto".
Ma il messaggio chiave giunse a Iachino alle 14:25 " Ore 12:15 aereo n. una ricerca strategica Egeo avvistate una nave da battaglia, una portaerei, 6 incrociatori, 5 cacciatorpediniere nel quadratino 5647". La posizione si trovava a 79 miglia a est dalla nave ammiraglia italiana. Il messaggio conteneva diverse inesattezze sulla composizione della forza navale nemica e cosa più importante non precisava che l'aereo avvistatore non era un ricognitore bensì due aerosiluranti che avevano attaccato con il siluro proprio la portaerei. Iachino avendo intercettato la comunicazione, che era inviata a Supermarina, attese la conferma da Roma e quando questa non giunse ritenne l'informazione priva di fondamento, così come fece subito Supermarina!!
Dopo aver chiesto da mesi una più intensa collaborazione dell'aeronautica si scartava le informazioni che da essa giungevano!
Alle 14:30 cominciarono una serie massiccia di attacchi aerei contro le navi italiane: se ne ebbero tre sul gruppo Vittorio Veneto, due contro la III Div e quattro contro il gruppo Zara. Il terzo e ultimo attacco contro la nave ammiraglia fu decisivo; fu condotto con un'azione combinata di tre Blenheim che effettuarono un bombardamento in quota e da un gruppo di cinque aerosiluranti. L'albacore pilotato dal capitano di corvetta S. Dalyell-Stead, pochi istanti prima di venir abbattuto dalla contraerea, lanciò il suo siluro a distanza ravvicinata che colpì il Vittorio Veneto all'elica esterna sinistra erano le 15:29; la nave con il timone di sinistra bloccato e con 4000 t di acqua imbarcate dalla falla rimase immobilizzata per 6 minuti: riprese a muoversi a soli 16 nodi alle 15:36 con un lieve appoppamento e sbandato di qualche grado a sinistra. Lo scopo dell'Amm. Cunnighamm di rallentare la marcia della nave ammiraglia era stato raggiunto.
Iachino dopo aver comunicato l'accaduto, decise di riunire a intorno alla grande nave ferita tutte le navi di cui disponeva, con l'incomprensibile rinuncia ai due incrociatori e ai due Ct della VIII Div, per proteggerla da altri attacchi aerei. La formazione italiana alle 18:40 su cinque colonne era cosi composta:
colonna centrale Vittorio Veneto e 13° Sq Ct, nell'ordine: Granatiere, Fuciliere, Vittorio Veneto, Bersagliere, Alpino
colonna esterna di dritta 9° Sq Ct, nell'ordine: Alfieri, Gioberti, Carducci, Oriani
colonna interna di dritta I Div, nell'ordine: Zara, Pola, Fiume
colonna esterna di sinistra 12° Sq Ct, nell'ordine: Corazziere, Carabiniere, Ascari
colonna interna di sinistra III Div, nell'ordine: Trieste, Trento, Bolzano
L'Amm Cunnighamm da successive ricognizioni pur ricevendo la conferma che la nave ammiraglia nemica era stata danneggiata si rise conto che nonostante ciò le sue navi non avrebbero potuto raggiungere la nave italiana. Infatti nel tardo pomeriggio la velocità del Vittorio Veneto si era riusciti ad aumentarla a 19 nodi, mentre la M. Fleet non poteva sviluppare più di 20 nodi. Decise così di lanciare un ulteriore attacco aereo al tramonto sperando di rallentare ulteriormente la corazzata italiana e distruggerla nella notte. Alle 19:28 gli aerei inglesi, dopo aver atteso nei pressi delle navi italiane il tramonto del sole, si lanciarono all'attacco; 10 aerosiluranti puntarono sulle navi italiane e uno di questi riuscì a colpire l'incrociatore Pola. Il siluro esplose all'altezza del locale caldaie n. 3 e delle turbine di sinistra, tutti i fuochisti ed i meccanici che si trovavano in quei locali furono uccisi mentre le caldaie 4, 5, 6 e 7 furono subito allagati. La nave imbarcò più di 3500 t d'acqua e rimase alla deriva, delle sue otto caldaie solo tre erano in grado di funzionare ma le tubazioni del vapore di due di esse erano distrutte e la terza si era svuotata: per muovere la nave si doveva riempire l'ultima con acqua di mare, accenderla di nuova e far salire la pressione; un lavoro che avrebbe richiesto molto ore.
La I Divisione verso la sua fine
L'Amm Cattaneo, a bordo dello Zara, fu subito informato che il Pola stava scadendo dalla formazione e appena terminato l'attacco degli aerei inglesi chiese all'incrociatore ferito quali fossero i propri danni; questo messaggio fu intercettato anche da Iachino alle 20:11 che sospettò che una sua nave fosse stata colpita. La conferma giunse sulla plancia del Vittorio Veneto alle 20:15 quando lo Zara comunicava che il Pola era fermo colpito da un siluro. In quei minuti fatali ci si accorse come il sistema di comunicazione e decifrazione dei messaggi fosse troppo lento e ciò portò ad allungare i tempi di reazione. Alle 20:27 fu consegnato a Iachino un messaggio di Cattaneo " Salvo ordine contrario lascerò due Ct di scorta al Pola "; questo messaggio si incrociò con uno di Iachino invitato alle 20:18 a Cattaneo e consegnatogli alle 20:21 " I Divisione vado in soccorso al Pola ".
E' ora doveroso fare un piccolo passo indietro alle 20:05, prima cioè che Iachino fosse informato del danneggiamento del Pola, quando fu consegnato all'ammiraglio italiano il seguente messaggio " Supermarina informa, da rilevamenti radiogoniometrici risulta che unità nemica sede di Comando Complesso ore 17.45 trasmetteva con Alessandria da punto a miglia 40 per 240° da Capo Krio". Iachino apprezzò che in tale momento la distanza fra i due gruppi fosse di circa 75 miglia, ma in realtà era a sole 55, ma non considerava che il suo gruppo navale procedesse a velocità ridotta e che quindi il nemico potesse essere molto più vicina. Quindi quando dieci minuti dopo ricevette il messaggio che l'informava del danneggiamento del Pola non considerò nemmeno quest'ultima informazione e decise di inviare un'intera divisione navale in soccorso dell'incrociatore ritenendo che i soli Ct non potessero far altro che affondare l'unità ferita e non rimorchiarla ( pensiero questo completamente sbagliato come venne successivamente provato nel 1942 ). Inoltre visto che le uniche navi certe in coda alla propria formazione fossero i 4 incrociatori leggeri affrontati la mattina, i 2 Ip e i 4 Ct della I Div gli sembravano necessari per assicurare la protezione al Pola, non sospettando che gli inglesi fossero addestrati da anni nel combattimento notturno ma ben sapendo che le nostre navi maggiori non potevano combattere senza la luce del sole!
Quando Cattaneo ricevette l'ordine di invertire, secondo le testimonianze dell'aiutante di bandiera dell'ammiraglio, Vincenzo Raffaelli, unico superstite dello stato maggiore della I Div, esclamò " è un guaio " e aggiunse " I due telegrammi si sono sicuramente incrociati. Voglio dare il tempo all'Amm Iachino di riconsiderare la questione" e non obbedì ma invio un secondo messaggio a Iachino alle 20:24 " Chiedo se posso invertire la rotta per andare a portare assistenza nave Pola ". Cattaneo era quindi dubbioso, ritenendo che forze nemiche stessero tallonando le proprie navi, ma Iachino quando ricevette alle 20:56 questo secondo messaggio non dubitò ma ritenne che anche l'ammiraglio della I div ritenesse giusto andare con tutte le sue navi e rispose affermativamente e alle 21:06, circa un'ora dopo il siluramento del Pola, la I Divisione invertiva la rotta.
Taranto, 29 marzo 1941: il triste rientro della Nb Vittorio Veneto fortemente appoppata. Notare l'aereo ribaltato dallo scoppio del siluro. |
Il Tiro a segno di Matapan
Supermarina fino a quel momento della guerra era sempre intervenuta nelle decisioni dei suoi ammiragli in mare, ma questa volta non riuscendo ad avere le idee chiare decise semplicemente di lasciare all'Amm Iachino di decidere abbandonandolo a se stesso per poter poi scaricare tutte le colpe su di lui e su i suoi inferiori. Iachino che cominciava ad avere dubbi sulla sua decisione inviò un messaggio a Cattaneo alle 21:16 " In caso incontro con forze superiori abbandonate Pola ". Questi stava navigando a bassa velocità con in linea di fila con gli incrociatori in testa, e non come prescritto dalle norme italiane con i 4 Ct a ventaglio a prora delle navi principali. Il motivo della bassa velocità e della formazione rimarrà un mistero, solo in parte spiegabile con i dubbi che l'ammiraglio nutriva sugli ordini ricevuti.
Le navi inglesi ormai nei pressi della formazione italiana si stavano preparando per un attacco di cacciatorpediniere notturno quando alle 20:40 il radar dell'Orion batté un bersaglio immobile alla distanza di circa 6 miglia: era il Pola. L'Amm Cunnighamm ritenendo tale contatto la nave da battaglia italiana diresse subito per tale rilevamento con il grosso con il Warspite seguito in linea di fila dal Valiant, dal Formidable e dal Barham. La Warspite avvistava sul radar il bersaglio, che tutti continuavano a credere fosse il Vittorio Veneto, alle 22:03 e subito le navi inglesi accostarono verso di esso; da bordo del Pola furono avvistate sagome di grosse navi a una distanza di circa 4000 metri, ma il comandante ritenendo che si trattasse della I Div, convinto che in zona non ci fossero navi nemiche, lanciò un razzo rosso da segnalazione che fu avvistato dalle navi inglesi. Poco prima che le navi inglesi cominciassero a sparare contro il bersaglio immobile, da bordo del Ct Stuart e della corazzata Warspite furono avvistati delle sagome di navi che provenivano dal lato opposto, quello di dritta; subito Cunnighamm ordinò di puntare i cannoni delle sue navi contro quei nuovi bersagli, mentre la Formidable si defilava. Alle 22:27, da distanze comprese tra i 2000 e 3000 metri iniziò il massacro: il primo a essere investito fu il Fiume che ricevette in rapida successione 5 colpi da 381 che devastarono le sovrastrutture, subito dopo anche lo Zara ricevette un gran numero di colpi che provocarono un enorme incendio nella zona prodiera, il Ct Alfieri ripetutamente colpito prima di affondare riuscì a sparare alcuni colpi da 120 mm e con un azione disperata il comandante Toscano lanciava tre siluri, il Ct Carducci prima di affondare si gettò in avanti facendo nebbia per proteggere gli altri due Ct della squadriglia; Oriani e Gioberti, pur con danni a bordo riuscirono a sfuggire alla strage. L'azione di fuoco durò solo quattro minuti. Gli scafi in fiamme delle 4 navi furono finite dai siluri dei Ct britannici. Anche il Pola, impossibilitato a difendersi fu affondato dai siluri delle navi inglesi.
Ip Zara, Fiume, Pola; Ct Alfieri, Carducci; 2303 marinai
tanto ci costò l'assurda notte di Matpan, la più grande sconfitta di tutta la storia della nostra marina
Considerazioni
La missione voluta per motivi politici, continuata per motivi politici era stata un fallimento completo: come stupirsi? Si era inviato una forza navale al largo di Creta, isola piena di aerei nemici, non si era pensato che le navi inglesi potessero uscire da Alessandria per contrastarci ( nessuna ricognizione prevista per il giorno 28 sul porto egiziano!!! ), si erano ritenuti sbagliati un gran numero di messaggi che informavano tutti che una potente formazione nemica stava inseguendo le navi italiane e la lista degli errori o meglio orrori potrebbe continuare a lungo. Non ritengo giusto il palliativo della mancanza di navi portaerei, si sapeva che non le avevamo e ci lanciammo lo stesso in questa stupidissima missione. Per il mio parere fu una missione in cui sbagliarono tutti i protagonisti: Supermarina, Iachino e in misura minore Cattaneo. Però mentre il povero ammiraglio Cattaneo affondava spontaneamente con la sua divisione, Iachino ebbe confermato il comando della flotta da battaglia e Riccardi il ministero della Marina!
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