Cronologia degli eventi

mercoledì 9 febbraio 2011

Operazione Barbarossa

Operazione Barbarossa (Unternehmen Barbarossa), che prese avvio nel mese di giugno 1941, era il nome in codice tedesco per l'invasione dell'Unione Sovietica da parte della Germania nazista, durante la seconda guerra mondiale. Si trattò della più grande operazione militare terrestre di tutti i tempi.

I MOTIVI DELL'ATTACCO
La politica del Partito nazionalsocialista tedesco era imperniata, oltre che sull'antisemitismo, sul concetto di "Lebensraum", spazio vitale destinato al popolo tedesco. Questo comprendeva l'Europa orientale abitata dagli "Untermensch", letteralmente i sub-umani, ovvero gli slavi, destinati alla schiavitù. La loro vita non aveva nessun valore all'infuori di un mero ritorno in termini di forza-lavoro. Tale attitudine fu esplicitata dallo stesso Hitler nel suo messaggio alle forze armate tedesche prima dell'inizio delle operazioni, nel quale dichiarò che la campagna di Russia sarebbe stata una "lotta" diversa da quelle affrontate fino ad allora in Europa ("i bolscevichi sono dei criminali e come tali devono essere trattati. Sono i creatori di metodi di lotta asiatici e barbarici"). È da ricordare che l'Unione Sovietica non aderiva alla Convenzione di Ginevra: ciò consentiva anche formalmente l'utilizzo di una brutalità senza precedenti da parte dei due eserciti.
Ma il motivo determinante più probabile è un altro. Fin dall'invasione della Polonia e la dichiarazione di guerra anglo-francese, i tedeschi avevano cercato la pace con gli inglesi, da questi sempre rifiutata. Vista questa determinazione britannica pensarono che davanti ad una "crociata anticomunista" la capitalista Gran Bretagna avrebbe acconsentito alla pace per permettere ai tedeschi di concentrare tutte le forze contro il comunismo. Invece, con grande stupore tedesco, la Gran Bretagna si alleò con l'Urss, in uno schieramento atipico capitalismo-comunismo.
Recentemente, l'edizione russa delle memorie segrete del maresciallo Zukov ha rivelato che Stalin si stava preparando a sua volta per un futuro attacco a sorpresa contro la Germania. Di Stalin si legge: «Negli anni in cui il capitalismo ha accerchiato l'Unione Sovietica noi siamo stati capaci di fare buon uso dello slogan pacifista. Ma adesso è ora di finirla di rimuginare sempre le stesse cose, è cominciata l'ora dell'espansione violenta della Russia». Le prime avvisaglie di ciò erano apparse quando nel novembre del 1940 Molotov aveva respinto la spartizione del mondo proposta dai tedeschi, secondo cui l'Unione Sovietica sarebbe stata incanalata verso l'India. Le mire di Stalin prevedevano piuttosto l'estensione verso occidente, contro la Finlandia, la Polonia, fino alla Danimarca e la Jugoslavia. Hitler non poteva certo tollerare che l'influenza bolscevica si estendesse all'interno dell'Europa, e la guerra contro l'Unione Sovietica era stata presentata anche come una guerra a difesa del mondo occidentale. Nella battaglia di Stalingrado, riferendosi alla VI armata, egli dirà: «la sua storica resistenza sta contribuendo alla formazione di un nuovo fronte e alla salvezza del mondo occidentale». La lotta ideale al bolscevismo era stata chiaramente espressa nel "Mein Kampf" e non a caso il Führer aveva sempre elogiato Mussolini come il primo ad essersi opposto alla deriva sovietica («dobbiamo essere grati a Mussolini per essere stato il primo ad aver allontanato il pericolo comunista dall'Europa. È un uomo di grandezza secolare»). Un'altra teoria è stata espressa da Viktor Suvorov, ex funzionario del servizio segreto militare sovietico, che in un suo libro racconta come Stalin - durante il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop - avesse usato Hitler fornendogli le materie prime necessarie alla conquista dell'occidente, spingendolo poi ad attaccare la Russia per costringerlo ad una guerra su due fronti, che lo stesso Hitler aveva sempre temuto.
Dal punto di vista strategico era importante per la Germania assicurarsi il Lebensraum ricco di risorse agricole (Ucraina), industriali (città come Stalingrado, Leningrado e Mosca) e petrolifere (Caucaso) prima che gli Stati Uniti d'America entrassero in guerra con il loro enorme potenziale bellico e industriale.
Stalin sapeva che prima o poi Hitler avrebbe attaccato l'URSS, ma non si aspettava che l'aggressione sarebbe avvenuta così presto.

LA FIDUCIA DI HITLER
Lo Stato Maggiore tedesco avvertì il dittatore dei rischi insiti nel combattimento su due fronti, ma questi, sovrastimando le proprie forze, non seguì il consiglio dei suoi generali. La condotta aggressiva tenuta dalla Germania fino a quel momento aveva consentito la riunificazione con i Sudeti e l'annessione della Cecoslovacchia senza quasi combattere; in seguito la conquista di Polonia, Danimarca e Norvegia, seppur con alcune difficoltà in più. Le truppe tedesche, altamente disciplinate ed addestrate alla tattica della Blitzkrieg, erano riuscite quindi, durante le prime fasi della Campagna di Francia, a far cedere rapidamente la Francia grazie all'aggiramento della linea Maginot attraverso il Belgio e i Paesi Bassi, cosi come attraverso la Foresta delle Ardenne. Il Regno Unito sembrava resistere solo per pura forza di volontà. Hitler, sicuro di sé, ritenne che fosse giunto il momento di rivolgersi ad est contro il presunto alleato Stalin, e che per la Wehrmacht sarebbe stato importante colpire prima che l'Armata Rossa cominciasse ad organizzarsi a sua volta per invadere la Germania.
Aspettandosi una vittoria-lampo come in Francia, Hitler non preparò le truppe per una guerra destinata a protrarsi nei mesi invernali, che del resto sarebbe stata impossibile. Ad esempio, i soldati tedeschi non vennero dotati di un abbigliamento adatto ai rigori dell'inverno russo.
In preparazione all'attacco, la Germania spostò 2,5 milioni di uomini a ridosso dei confini orientali, lanciò numerose missioni di ricognizione aerea sul territorio sovietico e accumulò enormi quantitativi di materiale logistico nelle zone di frontiera. Nonostante questi indizi evidenti, i sovietici furono colti letteralmente di sorpresa. Questo anche perché Stalin riteneva che la Germania avrebbe aperto il fronte orientale non prima di aver portato a termine le operazioni militari contro la Gran Bretagna.
Nonostante le ripetute segnalazioni dei servizi segreti, Stalin si rifiutò di modificare la sua linea di condotta. Il dittatore riteneva che le informazioni ricevute fossero frutto della disinformazione britannica, volta a fomentare uno scontro diretto tra Germania e URSS. La Germania contribuì a questo inganno, fornendo ai sovietici una versione dei fatti secondo la quale lo Stato Maggiore tedesco stava cercando di ingannare i britannici simulando un imminente attacco all'Unione Sovietica, mentre in realtà (la realtà che si voleva i sovietici fossero indotti a ritenere vera) le truppe e i rifornimenti sarebbero stati ammassati fuori dal raggio d'azione dei bombardieri britannici in preparazione di un'invasione della Gran Bretagna.
È stato stabilito che una spia comunista, il dottor Richard Sorge, diede a Stalin la data esatta dell'inizio dell'Operazione e che anche i criptoanalisti svedesi guidati da Beurling conoscevano la data in anticipo.

LA STRATEGIA
La strategia definitiva, concordata da Hitler e dai suoi assistenti nell'Alto Comando tedesco (OKW, Oberkommando der Wehrmacht), prevedeva l'impiego di tre gruppi d'armata incaricati di conquistare regioni ben definite e grosse città dell'Unione Sovietica. Il Gruppo d'armate Nord aveva il compito di marciare attraverso i paesi baltici e nella Russia settentrionale, al fine di impadronirsi della città di Leningrado (oggi San Pietroburgo). Il Gruppo d'armate Centro avrebbe puntato direttamente su Mosca, marciando attraverso l'odierna Bielorussia e le regioni centro-occidentali della Russia. Il Gruppo d'armate Sud avrebbe colpito la densamente popolata Ucraina, prendendo Kiev e continuando in direzione est verso le steppe della Russia Meridionale e i lontani campi di petrolio, fino ad arrivare al fiume Volga.
Questa strategia conteneva già una debolezza intrinseca in quanto le tre direttrici avrebbero sparpagliato le forze sull'immenso territorio russo, evitando di concentrarsi su un unico settore. I generali, poi (specie Guderian) avrebbero voluto una penetrazione a freccia, direttamente verso gli obiettivi principali, mentre Hitler, più cauto, decise di tornare indietro a eliminare le sacche sovietiche rimaste pericolosamente nelle retrovie, perdendo tempo prezioso. Difficile stabilire quale di queste strategie avrebbe avuto migliori possibilità di successo. Sta di fatto che si andava incontro a un territorio sterminato, povero di strade e con ferrovie di diverso scartamento, e i tedeschi combattevano in campo nemico a parecchie centinaia di km di distanza dai punti base.

L'ATTACCO - Le prime fasi
Hitler scelse il 22 giugno 1941 (il giorno seguente al solstizio d'estate nonché anniversario dell'attacco napoleonico) per dare inizio alla gigantesca impresa. La guerra non scattò, come era consuetudine, all'alba, bensì durante il giorno, cinque minuti dopo il passaggio del confine da parte dell'ultimo convoglio di vagoni (comprendente materie prime per la produzione industriale) previsto per quella data. Questi erano rifornimenti che l'Unione Sovietica si era impegnata a fornire alla Germania secondo gli accordi del patto Molotov-Ribbentrop.
I tedeschi disponevano di centosettanta divisioni (30 delle quali corazzate o motorizzate), per un totale di 3 000 000 di uomini e circa 3 000 mezzi corazzati tra panzer, trasporti truppe, cannoni semoventi e veicoli anticarro; da parte loro i sovietici schieravano circa centocinquanta divisioni (20 delle quali corazzate o motorizzate) per un totale di 4 700 000 uomini. L'aviazione sovietica fu praticamente annientata nella prima settimana di operazioni: la Luftwaffe, solo nel primo giorno, distrusse più di 1 800 velivoli nemici, quasi tutti al suolo. Nei successivi quattro giorni i sovietici persero il 50% del loro potenziale aereo: l'incredibile cifra di 7 000 aeroplani.
Le truppe sovietiche erano mal disposte e si trovavano troppo a ridosso della frontiera. Non era stata organizzato un meccanismo di difesa in profondità.
In poche settimane, grazie a rapidissimi attacchi, e ai successivi accerchiamenti, compiuti dalle divisioni corazzate e motorizzate, i tedeschi annientarono decine di divisioni sovietiche, catturando centinaia di migliaia di prigionieri. I grossi contingenti dell'Armata rossa erano ormai allo sbando e la catena di comando era sovente interrotta. L'esercito dell'Unione Sovietica pagò un impressionante tributo in termini di vite umane e di materiali bellici andati perduti.

I MOTIVI DELL'INSUCCESSO
A dispetto di questo grandioso successo iniziale (le avanguardie tedesche giunsero alle porte di Mosca ai primi di dicembre) viene spesso proposto che la pecca fatale di questo piano fu il rinvio dell'avvio delle operazioni belliche rispetto alla data prevista del 15 maggio. Hitler fu costretto infatti ad appoggiare le truppe italiane nei Balcani e intervenire contro il rovesciamento anti-Asse in Jugoslavia. Furono perse così cinque preziose settimane della già breve estate russa. In effetti entravano in gioco considerazioni climatiche che non potevano essere ignorate.
Solo dalla seconda metà di giugno l'immenso fronte, che andava grosso modo da nord a sud, presentava una relativa omogeneità del terreno per permettere alle truppe di avanzare speditamente. Non a caso negli anni seguenti le offensive tedesche e sovietiche ebbero inizio fra la tarda primavera e l'inizio dell'estate.
Questa premessa tuttavia non ha la pretesa di stabilire cosa sarebbe potuto succedere nella eventualità opposta: cioè nel caso in cui le truppe tedesche avessero attaccato l'Unione Sovietica nella data originaria del 15 maggio e avessero tentato l'avanzata rapida verso Mosca.
Di fatto, affermare che un ulteriore avvicinamento dei tedeschi sarebbe corrisposto ad una loro possibile vittoria nella conquista della città, striderebbe con l'altra realtà che si andava configurando contemporaneamente a Leningrado. Il tentativo di assedio di Leningrado da parte dei tedeschi, risultò infatti vano per anni, ed è anche facile immaginare che Leningrado fosse più scarsamente difesa rispetto alla capitale. Pertanto, se durante 900 giorni i tedeschi rimasero per sempre alle porte di Leningrado, senza riuscire ad entrarvi, da un punto di vista logico anche se non prettamente storico, è più facile immaginare che quel che è successo a Leningrado, a maggior ragione sarebbe successo a Mosca.
Fatto forse ancor più grave, durante la campagna Hitler ordinò alla forza principale di piegare a meridione, al fine di sostenere il gruppo d'armata sud nella cattura dell'Ucraina ed eliminare le grandi sacche ancora operative dell'esercito sovietico che erano state superate durante la rapidissima avanzata. Questa manovra, messa in opera nonostante il dissenso dello Stato Maggiore, ritardò l'assalto decisivo alla capitale sovietica, sebbene non si conosca l'effetto che una penetrazione troppo rapida avrebbe avuto alle spalle dell'esercito.
Nel momento in cui i tedeschi si volsero di nuovo verso Mosca, si era già alla fine di settembre, e le truppe furono bloccate dalle prime piogge autunnali. I mezzi si impantanarono miseramente nel fango, e dopo le piogge arrivò la neve, il gelo, il terribile rigore dell'inverno russo (inverno che - fatalmente - nel 1941 si presentò particolarmente rigido e in anticipo sui tempi).
In questo modo la Germania non poté ottenere ulteriori guadagni territoriali, anche per la tenace resistenza dei russi, che fu più dura di quanto i tedeschi si aspettassero. La logistica divenne anch'essa un grosso problema, a causa della eccessiva lunghezza delle linee dei rifornimenti.
Il punto di svolta dell'operazione si ebbe quando le avanguardie motorizzate tedesche erano arrivate ormai a circa 40 km da Mosca. Il 1° dicembre un reparto del 258° fanteria tedesco penetra nel sobborgo moscovita di Himki (da tale distanza erano visibili le cupole del Cremlino).
Era anche il capolinea della metropolitana cittadina ma nel giro di due giorni la reazione russa li sloggia. Non si sarebbero mai più avvicinate tanto alla capitale sovietica. Non si può neppure stabilire con certezza se la conquista di Mosca sarebbe risultata decisiva, nei fatti Lavrentij Beria nel corso dell'avanzata germanica aveva già provveduto a spostare grandi impianti produttivi nella estrema parte orientale della Russia, fuori portata anche e soprattutto per una operazione di Blitzkrieg in quanto avrebbe certamente comportato un allungamento intollerabile delle linee di rifornimento che nessun apparato logistico-organizzativo avrebbe potuto compensare né allora né tantomeno oggi. Si pensi che lo stesso Napoleone giunse entro il limes moscovita ma ciò non gli garantì certo la vittoria sullo Zar Alessandro I Pavlovič Romanov. Durante la lunga tregua invernale, l'ordine assoluto di Hitler fu di evitare la ritirata, che avrebbe probabilmente disfatto l'esercito come avvenne nel caso di Napoleone. In primavera, i tedeschi - pur provati da una terribile resistenza - si riorganizzarono e sferrarono un secondo grande attacco verso il Caucaso e il Mar Caspio (Operazione Blu). Si è in seguito ipotizzato che l'unica chiave in grado di forzare lo scrigno sovietico sarebbe stato un attacco congiunto tedesco-giapponese, magari con la sollevazione della popolazione indiana contro gli occupanti inglesi, ma anche una simile mossa avrebbe incontrato numerose difficoltà e riserve, nonché variabili esogene assolutamente imponderabili a più di sessant'anni dai fatti occorsi. Inoltre l'esercito giapponese, pur ben preparato per una guerra anfibia o in ambienti montani, si era dimostrato completamente incapace di fronteggiare quello sovietico nei numerosi incidenti di confine del 1940-1941. In particolare i giapponesi difettavano di carri armati moderni e di artiglierie efficienti, armamenti indispensabili sul fronte orientale.



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