Abbandonando i porti metropolitani prima della loro conquista da parte dei tedeschi, la flotta francese manteneva intatta la sua enorme forza d’attacco. Che cosa sarebbe successo all’Inghilterra, rimasta sola a combattere contro la Germania se quello straordinario potenziale bellico fosse caduto in mani nemiche?.
Fu questo l’incubo che non fece dormire per parecchi giorni il premier inglese Winston Churchill dopo la firma della capitolazione della Francia a Compiègne, avvenuta il 22 giugno 1940. Dal canto proprio Hitler sperava proprio quello che Churchill temeva e non dal momento della vittoria, ma almeno dall’incontro del 18 giugno con Mussolini a Monaco di Baviera. Al vertice italo-tedesco vennero infatti esaminate le condizioni armistiziali da porre alla Francia, e mentre Mussolini insisté con l’alleato perché venisse chiesta la consegna della flotta francese, il Fuhrer, che contava di piegare rapidamente l’Inghilterra e che, se ciò non fosse stato possibile, sperava di convincere la Francia alla collaborazione, mostrò di accontentarsi della smobilitazione della flotta o, in subordine, della sua consegna fino alla fine del conflitto in un porto neutrale. Il giorno della firma dell’armistizio franco-tedesco, dunque, gli inglesi vennero a conoscenza della “geografia” delle unità da guerra francesi: le modernissime corazzate Richelieu (la più potente del mondo, a giudizio del Primo Lord del Mare) e Jean Bart erano salpate dalle loro basi rispettivamente alla volta di Dakar e di Casablanca.
I due incrociatori da battaglia Dunkerque e Strasbourg, le due corazzate Provence e Bretagne, la portaerei Commandant-Teste e sei incrociatori leggeri della classe Terrible, al comando dell’ammiraglio Marcel Bruno Gensoul, erano concentrati nel porto di Mers el-Kebir, nei pressi di Orano in Algeria. Ben sette incrociatori pesanti si trovavano ad Algeri, una corazzata e quattro incrociatori, agli ordini dell’ammiraglio Godfroy, erano alla fonda nel porto di Alessandria d’Egitto, mentre altre due corazzate, quattro incrociatori leggeri, il sommergibile Surcouf e svariate altre unità minori si trovavano nei porti inglesi di Portsmouth,Plymouth e Southampton. Quella che rendeva estremamente inquieti gli inglesi era la squadra d’attacco dell’ammiraglio Gensoul nel porto di Mers el-Kebir presso Orano. Il 27 giugno del 1940 il gabinetto di guerra inglese, su sollecitazione dello stesso Churchill, decise di agire di sorpresa nei confronti delle unità francesi per neutralizzarne in qualsiasi modo la forza d’attacco. In caso di fallimento della sorpresa si sarebbe potuto anche ricorrere alla forza. A questo scopo venne istituita la Forza H composta dall’incrociatore da battaglia Hood, dalle corazzate Resolution e Valiant dalla portaerei Ark Royal, da due incrociatori e da il cacciatorpediniere: la squadra si raccolse a Gibilterra sotto l’insegna del viceammiraglio sir James Somerville. In codice, l’operazione venne chiamata “Catapult” e avrebbe avuto inizio il 3 luglio.
Le unità francesi ancorate nei porti inglesi vennero catturate all’alba del 3 luglio, senza colpo ferire: agli equipaggi, sorpresi nel sonno, non restò che arrendersi. Lo stesso giorno a Mers el-Kebir si consumò la tragedia: in mattinata il capitano di vascello C.S. Holland consegnò all’ammiraglio francese Gensoul l’ultimatum concordato tra lo stesso Churchill e il Primo Lord del Mare fin dal 30 giugno. In esso, premesso che era impossibile per il governo di S.M. britannica accettare l’eventualità che le “belle navi di Francia” cadessero nelle mani dei tedeschi e degli italiani e fossero usate contro gli Alleati, si offrivano alla flotta francese alcune possibilità di salvezza (tutte peraltro alquanto problematiche sia per ragioni militari sia per ragioni politiche): 1) salpare e unirsi alla flotta inglese e combattere al suo fianco fino alla vittoria finale; 2) salpare con equipaggi ridotti alla volta di un porto inglese; 3) se i francesi si sentivano vincolati dalle condizioni armistiziali che vietavano l’impiego delle loro navi contro l’Italia e la Germania, avrebbero potuto salpare sotto scorta inglese verso un porto francese delle Indie occidentali (ad esempio verso la Martinica), dove sarebbero state disarmate, o, forse, affidate in custodia agli Stati Uniti d’America fino alla fine del conflitto. In questo caso gli equipaggi sarebbero stati rimpatriati. “Se voi rifiutate queste leali offerte” proseguiva e concludeva il testo dell’ultimatum, “devo con profondo rammarico chiedervi di affondare le vostre navi entro sei ore. Se ciò non avverrà il Governo di S.M. britannica mi ordina di usare tutta la forza necessaria per impedire che le vostre navi cadano in mani tedesche o italiane ” Seguiva la firma: viceammiraglio sir James Fowness Somerville.
L’ammiraglio inglese aveva intanto ricevuto altre istruzioni: se l’ammiraglio Gensoul, comandante la flotta di Mers el-Kebir, accetterà il punto 2), ma pretenderà che le sue navi non siano usate dagli inglesi durante il conflitto, Somerville potrà dire che gli inglesi accettano tale richiesta finché il nemico rispetterà i termini armistiziali. Se Gensoul invece respingerà tutte le richieste inglesi proponendo di disarmare le sue navi nel porto dove si trovano, la proposta potrà essere accettata, ma a patto che lo smantellamento avvenga nel giro di sei ore sotto la supervisione dello stesso comandante inglese, e sia tale da rendere impossibile che le unità vengano rimesse in servizio per almeno un anno. In mancanza di qualsiasi accordo, le navi francesi di Mers el-Kebir dovranno essere distrutte, in particolare dovranno essere colpiti i due incrociatori da battaglia Dunkerque e Strasbourg. Quando l’ammiraglio Gensoul riceve l’ultimatum inglese, le unità britanniche della squadra di Somerville tengono già sotto il tiro dei loro pezzi quelle francesi. Nel tardo pomeriggio Gensoul fa una sua proposta al comandante inglese: disarmerà egli stesso le sue navi assicurando che, in caso di minaccia italo-tedesca, le farà trasferire alla Martinica o negli Stati Uniti. Quanto alla smobilitazione degli equipaggi, sostiene Gensoul, essa è già cominciata. La controproposta francese però arriva troppo tardi: Somerville ha ricevuto l’ordine di concludere la sua missione prima che cali la notte: dà quindi ordine alle sue unità di aprire il fuoco. Al termine del cannoneggiamento risultano gravemente danneggiati l’incrociatore da battaglia Dunkerque, le corazzate Provence e Bretagne e un cacciatorpediniere: 1300 marinai francesi perdono la vita. Lo Strasbourg, la portaerei Commandant-Teste e gli altri cacciatorpediniere riescono a forzare lo sbarramento inglese e a riparare a Tolone. Quattro giorni dopo, il 7 di luglio, l’ammiraglio francese Godfroy e l’inglese Cunningham trovano un accordo circa le unità francesi ospitate nel porto di Alessandria, su queste basi: i francesi non procederanno ad autoaffondamenti, non cercheranno di lasciare il porto né commetteranno alcun atto ostile verso gli inglesi, i quali, dal canto loro, non tenteranno di catturare le navi francesi.Questi impegni verranno riconsiderati nel caso che i tedeschi o gli italiani si impadroniscano altrove di unità francesi. L’atto definitivo dell’operazione “Catapult’ si svolge l’8 luglio contro le modernissime corazzate Richelieu e Jean Bart, ospitate rispettivamente nei porti di Dakar e Casablanca: attaccate da motosiluranti e da siluri lanciati da aerosiluranti, le due unità francesi sono messe nell’impossibilità di agire per parecchi mesi.
La decisione di attaccare la flotta francese, caparbiamente voluta da Churchill, fu molto impopolare tra i comandanti navali britannici, ma necessaria.E' innegabile che la presenza di una Richelieu o di una Jean Bart (per non parlare che delle unità più prestigiose della marina francese) al fianco delle marine da guerra tedesche e italiane (che avrebbero potuto impadronirsi di sorpresa delle navi francesi), avrebbe alterato in maniera determinante l’equilibrio navale a favore degli italo-tedeschi, in un momento in cui l’Inghilterra avrebbe potuto avere bisogno di tutta la sua flotta per difendere le coste da un tentativo di invasione dell’Inghilterra. La reazione francese, anche una eventuale dichiarazione di guerra (che per fortuna però non venne), era un rischio che Churchill ritenne tuttavia giusto e necessario correre. Più tardi, il primo ministro inglese cosi parlerà dell’episodio: « ... fu una decisione dolorosa, la più penosa delle decisioni che io abbia mai preso... ».
Nessun commento:
Posta un commento