Churchill, e più ancora Roosevelt, erano rimasti costernati dinanzi al comportamento di Stalin; era evidente che la parola democrazia non aveva lo stesso senso per tutti, e che l'Unione Sovietica stava costruendo un impero di nuovo genere, cementato da una ideologia comune. In effetti, ovunque, le autorità sul posto si schierano nel campo dell'Unione Sovietica, volontariamente o forzatamente; i comunisti -in primo luogo i capi dei partiti, ritornati da Mosca -entrano in un governo di unione nazionale; i «fascisti» e i loro partigiani, vale a dire i notabili e i vecchi leader politici, sono oggetto di persecuzioni. Questo scenario si svolge senza contrasti in Bulgaria, che non era entrata in guerra contro l'Unione Sovietica, e la cui popolazione era da sempre filorussa. In Romania le misure di confisca delle terre e di nazionalizzazine, applicate sotto l'ispirazione comunista, fanno esplodere il Fronte nazionale. Alla fine di febbraio del 1945, il vice ministro degli affari esteri dell'Unione Sovietica, Vishinskij, viene a Bucarest: egli rivolge un ultimatum al re Michele affinché modifichi la composizione del governo nel senso desiderato dall'Unione Sovietica, con la nomina di un comunista al ministero degli interni. Quando Roosevelt e Churchill propongono la creazione di una commissione tripartita, Stalin declina elegantemente l'invito. In Cecoslovacchia, con l'accordo di Benes, la presidenza del governo è affidata a un comunista. E da tener presente che la Romania e la Cecoslovacchia erano, prima della guerra, alleati della Francia, e i loro dirigenti erano nettamente filoccidentali. In Ungheria, dove un tentativo di presa del potere è fallito, i comunisti sono una parte, minoritaria, del Comitato di liberazione costituito a Debreczen: colpevole di essere stata troppo a lungo legata alla Germania, l'Ungheria è inizialmente trattata come un nemico; l'Armata rossa la occupa. Anche in Jugoslavia il trionfo dei comunisti è totale; nel marzo 1945 Tito ha costituito un governo di unione nazionale da lui presieduto, nel quale i partigiani detengono 23 ministeri su 28; ora, nell'accordo concluso tra Stalin e Churchill, era stata prevista una sorta di spartizione delle zone di influenza, in parti uguali; Churchill è molto amareggiato dinanzi all'evoluzione della situazione; si crede beffato; nessuno sa in quel momento del dissenso che oppone Tito a
Stalin. Così tUtta l'Europa centrale, quale che sia stata la linea seguita da ogni Stato durante la guerra, entra nella sfera di influenza dell'Unione Sovietica. Sola, la Grecia ne è fuori: Stalin rispetta in questa regione il suo accordo con Churchill, che vi tiene molto; ma che l'URSS l'alimenti o no, la guerra civile infuria in Grecia, la partita non è finita.
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