Cronologia degli eventi

mercoledì 9 febbraio 2011

Bombardamento di Cassino

Fra le strade costruite dagli antichi Romani, una delle più famose è la Via Casilina. Tra Napoli e Roma, quasi a metà strada, la Via Casilina attraversa un fiumiciattolo dal nome preoccupante, Rapido, poi aggira l'ultimo bastione della barriera montagnosa che fiancheggia il corso d’acqua e si addentra nella Valle del Liri. Questo colle è più impervio e maestoso degli altri ed ha sulla cima, come una macchia biancastra, una mastodontica abbazia.
Nell'autunno del 1943 quell'altura di 516 metri è stata trasformata dai tedeschi nel cardine del loro sistema difensivo. Le ragioni di tale scelta sono chiare; il valore tattico di Montecassino dipende dalla sua posizione: esso sorge, infatti, là dove l'ampia valle del Rapido forma un angolo retto con quella non meno vasta del Liri. Dalla sua vetta si dominano entrambe le valli per chilometri e chilometri, fino ai versanti delle alture opposte ( Mainarde ad Est e Aurunci ad Ovest ).
Per anni le Accademie Militari Italiane hanno citato il monte di Cassino ad esempio di imprendibile barriera naturale, mentre generazioni di Ufficiali, nei loro studi di arte militare, hanno diretto e vinto immaginarie battaglie da quegli erti e accidentati pendii.
Per chi voglia organizzare una difesa a Sud di Roma, quella di Cassino appare una scelta obbligata. Il segreto di una battaglia terrestre è l'osservazione, ed il monte di Cassino rappresenta un osservatorio ideale. Dalla sua cima un uomo, armato di binocolo e radio trasmittente, può far piovere una valanga di ferro e fuoco sul più piccolo bersaglio in movimento nelle valli sottostanti, che sia questo un uomo, un camion, un carro armato o una pattuglia a piedi.
Chi occupa il monte di Cassino blocca le valli e la via che le attraversa: tra gli Aurunci ed il monte di Cassino, la valle del Liri è una delle porte di Roma; varcarla sembra facile a chi non abbia un idea esatta della configurazione geografica della zona: invece i tedeschi la terranno ben chiusa fino alla primavera dell'anno seguente.
La V Armata alleata è ancora lontana quando Hitler ordina di organizzare la resistenza lungo la Linea Gustav, della quale Cassino rappresenta il caposaldo più importante.

IL PERCHÈ DI UNA BATTAGLIA E PERCHÈ A CASSINO

Dopo che gli Alleati, sbarcati il 10 Luglio del 1943 in Sicilia e meno di un mese dopo con i piedi ben saldi in continente, operarono non senza rischi uno sbarco a Salerno il 9 Settembre dello stesso anno, apparve ben chiaro ai tedeschi che occorreva intraprendere una strategia ben definita nello scacchiere italiano e mediterraneo in generale; strategia che tenesse comunque conto del fatto che ormai la Germania versava in serie difficoltà militari sul fronte russo, aveva perduto la Battaglia d’Africa e doveva attendersi entro l'anno successivo una invasione nella Francia Occidentale. A ciò si aggiungeva il fatto che, avendo l'Italia firmato un armistizio con le nazioni alleate l’8 settembre, quest’ultima per i tedeschi rappresentava, di fatto, un territorio nemico.
A Hitler, che aveva incaricato due "menti" militari di prim’ordine (Rommel e Kesselring) di studiare ognuno per proprio conto un piano strategico per la condotta della guerra in Italia, furono presentati due progetti.
Il primo, quello di Rommel, prevedeva l'abbandono totale della parte centro - meridionale del Paese ed il ripiegamento della Wehrmacht nella zona settentrionale, per difendere così i principali centri industriali del nord. Ciò avrebbe inoltre potuto permettere linee di comunicazione e rifornimento più corte.
Il secondo piano, quello di Kesselring, si riprometteva invece di scegliere un punto tatticamente favorevole nella parte centrale del Paese, a Sud di Roma, ove organizzare una difesa rigida mediante una linea di sbarramento e fermare così la risalita alleata lungo la penisola italiana.
Tale punto doveva presentare barriere naturali che aiutassero i tedeschi a mettere in opera una valida e soprattutto duratura difesa con forze numericamente inferiori a quelle del nemico, quindi facilmente difendibile con poche, scelte, formazioni. Quando Hitler ebbe sulla propria scrivania i due piani fu a lungo indeciso tra quale scegliere e molti furono i colloqui con i due Generali al fine di chiarire quali fossero i punti che li avessero portati a tenere quelle linee di pensiero.
Alla fine fu scelto il piano di Kesselring, con somma rabbia di Rommel, il quale fu inviato invece in Normandia ad organizzare il famoso "Vallo Atlantico", ossia le difese per fronteggiare un eventuale sbarco in Francia.
Il piano di Kesselring era abbastanza semplice come concezione e ricalcava i canoni di guerra semi-statica tanto cara ai Generali Francesi nel 1940.
La differenza sostanziale consisteva nel fatto che Kesselring vedeva questo "difendere ad ogni costo" il territorio in maniera molto più fluida, nel senso che, non avendo forze a sufficienza per contrastare gli Alleati nel numero, egli prevedeva di affidare i vari punti chiave del fronte ad alcune formazioni scelte e di creare riserve mobili che sarebbero dovute accorrere nel minor tempo possibile là dove il pericolo di sfondamento da parte del nemico fosse più tangibile.
Guardando la carta d'Italia, fu giocoforza scegliere il tracciato della nuova linea di difesa. Essa partiva dalla foce del Garigliano ad Ovest e, attraversando tutta la penisola italiana in larghezza, andava fino alla costa Est, in prossimità della cittadina di Ortona. Nel mezzo, come cardine della linea denominata "Gustav", fu scelta la zona di Cassino con le sue propaggini montuose e collinari, che si prestavano come nessun altra zona al tipo di difesa voluto dai tedeschi.
Da Cassino, dopo aver oltrepassato l'ultima strettoia delimitata dai monti Lungo e Maggiore, si apriva la valle del Liri lungo la quale la Via Casilina (o Statale N°6 ) proseguiva dritta fino a Roma, distante circa 100 Km, senza incontrare altri ostacoli naturali.
La valle del Liri veniva quindi a ricoprire un'importanza vitale in quanto, una volta scardinata la porta di Cassino, gli Alleati avrebbero potuto dare libero sfogo di manovra alle proprie divisioni corazzate, portando la guerra in una condizione fluida e mettendo i tedeschi in una condizione tale da costringerli ad un ripiegamento generale simile ad una rotta.
A tal proposito si ricorda che a questo punto del conflitto per i tedeschi era vitale ritardare il più possibile l’avanzata alleata e mantenere quindi la guerra in una fase "statica", vista soprattutto la enorme disparità di forze a favore di questi ultimi, piuttosto che in una fase "mobile".
Roma rappresentava anche e comunque una delle Capitali dell'Asse e una sua eventuale caduta in mani alleate avrebbe avuto ripercussioni negative a livello morale, di prestigio e propagandistico e ciò doveva essere evitato.
Tutta la Linea Gustav ruotava quindi attorno a Cassino e Cassino doveva tenere perché la sua caduta avrebbe significato la crisi dell'intero sistema difensivo tedesco nell’Italia centro - meridionale.

LA PREPARAZIONE

Il Generale tedesco Frido Von Senger und Etterlin viene quindi chiamato ad organizzare e migliorare le doti difensive della zona di Cassino.
Per tre mesi, con l'aiuto di un grosso contingente dell'organizzazione Todt ( una struttura appositamente creata dal III Reich per la messa in opera di grandi lavori ) e con l'ausilio di un certo numero di prigionieri di guerra, i soldati del XIV Corpo Corazzato lavorano al rafforzamento della linea; si scavano postazioni nella roccia viva, ampliando le grotte già esistenti e utilizzandole come ricoveri per uomini e cannoni; si scavano caverne artificiali, mascherandole in modo da poterle confondere con l'ambiente circostante. Dietro ogni spuntone di roccia si apprestano nidi di mitragliatrici, ben nascoste e protette ma con un ampio raggio di visuale ; i mortai sono piazzati nelle forre e nei burroni da dove possono fare fuoco senza il pericolo di essere individuati e colpiti dal tiro di controbatteria nemico.
I fianchi della montagna vengono minati e cinti di filo spinato; i sentieri interrotti da trappole ingegnose grazie alle quali un piede di un incauto fa accendere una luce improvvisa o esplodere una carica esplosiva.
Nella valle del Rapido si minano entrambe le rive del fiume, nonchè il suo fondo stesso, le case coloniche isolate si trasformano in fortini e casematte.
I lavori di fortificazione fervono anche nella città di Cassino, ormai praticamente abbandonata dalla popolazione.
Qui ogni casa diviene un caposaldo; le cantine si trasformano in bunker, negli edifici più grandi si introducono e si nascondono addirittura carri armati e cannoni semoventi. Gallerie e camminamenti ricavati tra una cantina e l'altra collegano le varie postazioni.
A Sud della città viene distrutto un argine del fiume Rapido per trasformare un pezzo di pianura in un acquitrino intransitabile a qualsiasi sorta di mezzo motorizzato. "Questa era Cassino", scrive lo storico inglese Fred Majdalany, "il fulcro della Linea Gustav; una barriera naturale di monti resa ancor più forte dal genio militare".

LE FORZE IN CAMPO

Al momento dell'inizio delle operazioni militari nel settore di Cassino, i due contendenti erano così organizzati :

SETTORE ALLEATO
V ARMATA USA
·X Corpo d’Armata britannico ( Divisioni di Fanteria 5ª, 46ª e 56ª, più la 23ª Brigata Corazzata ) sul Garigliano.
·II Corpo d’Armata americano ( Divisioni Fanteria 34ª e 36ª più il Gruppo di Combattimento "B" della 1ª Divisione Corazzata ) sul Rapido dinanzi alla piana del Liri, a Cassino e a Caira.
·Corpo di Spedizione Francese ( CEF, formato dalla 2ª Divisione marocchina, 3ª Divisione algerina, 3° e 4° Gruppo Tabor, più il 2° Gruppo Corazzato ) sull'alto corso del Rapido ed in corrispondenza della Valle del Rio Secco.
·VI Corpo d’Armata ( 3ª Divisione Fanteria americana, 1ª Divisione fanteria britannica più alcune unità minori ) nelle zone di Salerno e Napoli.
·Riserva d’Armata ( 45ª Divisione Fanteria e 1ª Divisione Corazzata americane ( meno il Gruppo di Combattimento B), 1° Raggruppamento Motorizzato italiano, 1ª Special Service Force (un'unità mista americano-canadese) 2ª Brigata Special Service.

VIII ARMATA BRITANNICA
·XIII Corpo d’Armata (78ª Divisione Fanteria inglese, 4ª Divisione Fanteria indiana e 2° Gruppo Brigate di Fanteria) sull’alta e media valle del Sangro.
·V Corpo d’Armata (1ª Divisione Fanteria canadese, 8ª Divisione Fanteria indiana, 2ª Brigata Paracadutisti, 1ª Brigata Corazzata canadese) nella bassa Valle del Sangro.
·Riserva d’Armata (2ª Divisione Fanteria neozelandese e 4ª Brigata Corazzata)
·RISERVA GENERALE
·I Corpo d’Armata canadese (5ª Divisione Corazzata canadese e 3ª Divisione Fanteria polacca "Karpazia")

SETTORE TEDESCO
X ARMATA
XIV CORPO D’ARMATA
·94ª Divisione Fanteria (Gaeta-Formia-Garigliano)
·15ª Divisione Panzergrenadier (Sul Gari, tra il Liri e Cassino)
·44ª Divisione Fanteria "Hoch und Deutschmeister" (Rapido, tra Cassino ed il Rio Secco)
·5ª Divisione "Gebirgsjäger" -da montagna- (Alto Rapido)
·RISERVA : Divisione Corazzata "Hermann Goering"
LXXVI CORPO D'ARMATA
·305ª Divisione Fanteria ( Alto Sangro )
·Kampfgruppe "Hauck" ( Rivisondoli )
·334ª Divisione Fanteria ( Maiella )
·26ª Divisione Corazzata ( Guardiagrele )
·1ª Divisione Fallschirmjäger -paracadutisti- ( nella zona di Ortona )
·RISERVA : 90ª Divisione Panzergrenadier
RISERVA GENERALE DEL COMANDO GRUPPO DI ARMATE
3ª e 29ª Divisione Panzergrenadier, 4ª Divisione Fallschirmjäger -paracadutisti- (nella zona di Roma)

A queste forze si aggiungano circa le altre 8 divisioni e mezzo della XIV Armata, dislocate nell'Italia Settentrionale.

PRIMI COMBATTIMENTI

Le operazioni militari per la conquista di Cassino iniziano il 20 Gennaio 1944, allorché la 36ª Divisione di Fanteria U.S.A. "Texas" riceve l’ordine di varcare il fiume Rapido in prossimità del villaggio di S.Angelo in Theodice e creare così una testa di ponte dalla quale partire in un secondo tempo per l'attacco finale alla città.
Precedentemente a tale operazione, le truppe inglesi devono invece iniziare ad avanzare tre giorni prima lungo una direttrice fiancheggiante la foce del Garigliano, sulla costa Ovest della penisola italiana.
L'operazione, lungamente osteggiata dal comandante della 36ª Texas, il Gen. Walker, era stata ideata in tutta fretta e senza operare una seria ed efficace ricognizione sui luoghi per saperne di più sulla posizione e sulla consistenza delle forze Tedesche.
Ma il Gen. Clark, comandante della V Armata americana fece sentire tutto il peso del suo grado e, nonostante le rimostranze di Walker, ordinò comunque lo svolgersi dell'attacco.
La battaglia per l'attraversamento del Rapido rappresenta uno degli episodi più bui della storia militare americana; il piano prevedeva che le truppe compissero l’avvicinamento alla riva del fiume attraverso sentieri precedentemente sminati dai genieri. Giunti sul greto, avrebbero trovato un certo numero di canotti in gomma, con i quali avrebbero dovuto guadare il corso d’acqua.
Le cose andarono male già dall’inizio dell’operazione; durante l’avvicinamento calò una fitta nebbia che rese difficoltoso l'orientamento in una zona che, mancando l’adeguata ricognizione, non si conosceva affatto; molti dei canotti furono trovati già forati dal fuoco e dalle schegge di artiglieria tedesche e, come se non bastasse, numerosi reparti si smarrirono nella notte e, nella nebbia, uscirono dai sentieri tracciati andando a finire sui campi minati.
Fu l'inizio dell'inferno; un fuoco micidiale e incrociato di mitragliatrici, mortai, cannoni e fucileria devastò le file americane. Molti uomini furono colpiti sui canotti ed annegarono nelle acque gelide e veloci del fiume. Pochissimi riuscirono ad attraversare il Rapido quella notte, i più senza nemmeno le armi, perdute nel difficile tentativo di rimanere vivi nell’acqua.
Chi vi riuscì era totalmente in balía dei tedeschi, senza armi pesanti, con poche munizioni ed esposto ai contrattacchi, che non mancarono a venire. La situazione era drammatica; mentre gli uomini sulla riva tedesca del fiume morivano, i genieri americani vedevano stroncato sul nascere ogni tentativo di gettare un ponte dal quale fare affluire i mezzi corazzati e la fanteria in appoggio.
Finalmente, dopo qualche ora, fu dato ordine di ripiegare e, ironia della sorte, chi era riuscito ad attraversare il corso d'acqua senza essere colpito o evitando l’annegamento, non fu altrettanto fortunato al momento di tornare indietro. Il fallimento di questa operazione costò alla " Texas " quasi 2000 uomini tra morti, feriti, dispersi e prigionieri e la cosa ebbe una grandissima risonanza negativa fin negli Stati Uniti.
Dopo la guerra i reduci della Divisione intentarono una causa contro il Gen. Clark, accusandolo di aver provocato quel massacro con la sua leggerezza, ma Clark, proclamato eroe di guerra, non ebbe alcuno strascico legale per quanto accadde quella notte sul Rapido.
Fallito il tentativo di superare il Rapido ed attaccare Cassino da sud, il Gen. Clark ordina al II Corpo U.S.A. di tentare l'aggiramento da nord.
Rispetto all'operazione precedente, l'unica differenza a vantaggio degli Americani consiste nel fatto che il fiume Rapido in quel tratto non ha bisogno di barche per essere attraversato. Ci sono però tre chilometri di pantano da fare a piedi, un corso d'acqua gelida da guadare in pieno inverno e le montagne da attaccare a testa bassa, in salita e sotto l'attenta vigilanza di non meno di venti posti d'osservazione tedeschi.
La battaglia inizia il 24 Gennaio 1944, due giorni dopo lo sbarco alleato ad Anzio che doveva servire ad alleggerire la resistenza tedesca a Cassino. In tre giorni di accaniti combattimenti tre battaglioni della 34ª Divisione di Fanteria "Red Bull" riescono a creare una piccola testa di ponte sull'altra riva del fiume.
I genieri, usando le "grelle" cioè le lamiere traforate per le piste di atterraggio degli aerei, preparano una strada per i carri armati. Il 29 Gennaio i sentieri sono pronti, i carri armati Americani attraversano in forze il corso d'acqua e con il loro aiuto la fanteria raggiunge e conquista le due collinette ai piedi del Monte Castellone; il 30 consolida le proprie posizioni ed il 31 prende il villaggio di Caira sulla strada che porta a Terelle.
Il 25 Gennaio, nel frattempo, attaccano anche i francesi: la conquista di Monte Belvedere permette di attestarsi in una posizione oltre la quale non possono avanzare oltre, ma che rappresenta una spina nel fianco sinistro della Linea Gustav.
Verso il mare, anche gli inglesi hanno dovuto attestarsi dopo due settimane di duri combattimenti per allargare la testa di ponte oltre il Garigliano, ma la loro posizione minaccia la Gustav sul fianco destro. Al centro, nei primi dieci giorni di Febbraio, per ben tre volte la 34ª Divisione americana ha tentato di aprirsi un varco tra i monti: niente da fare. Conquistati i massicci di Maiola e Castellone, gli americani si spingono coraggiosamente a meno di un chilometro dall'Abbazia, ma il fuoco delle mitragliatrici ben piazzate sulle alture li ferma sulla "cresta del serpente", cosi chiamata per la forma della cima. "Gli Alleati", disse il Maggiore dei paracadutisti tedeschi Bohmler, "non giunsero mai così vicini al convento. Il frutto tanto desiderato era sotto il loro naso; ma non seppero coglierlo perché sopraggiunsero altri rinforzi tedeschi".
Tra l'8 e l'11 Febbraio gli americani fanno l'ultimo tentativo di conquistare il Monastero e la città di Cassino, ma anche questo si conclude in un fallimento.

UNA FORTEZZA INESPUGNABILE

Terminava così la prima battaglia di Cassino, dopo tre settimane di combattimento nell’infuriare delle tormente.
La situazione è ora la seguente: all'estrema sinistra del fronte, il Corpo d’Armata britannico ha una piccola testa di ponte sul Garigliano; il Corpo di Spedizione francese occupa una buona posizione sulla destra, ma non ha forze fresche per sfruttare il vantaggio conseguito; gli americani della 34ª Divisione che, decimati dal freddo, stanno per cedere il posto agli indiani, difendono con la forza della disperazione una testa di ponte oltre il corso superiore del Rapido, a nord di Cassino, difficilissima da rifornire perché esposta al fuoco tedesco da ben tre lati ma utilizzabile come trampolino di lancio per eventuali azioni successive. Le perdite sono state alte per tutti i contendenti, ma la vittoria è senz'altro tedesca.
La linea Gustav, messa alla prova, ha resistito. Verso la metà di Febbraio ogni persona di buon senso, tra gli Alleati, doveva aver capito che era venuto il momento di tirare il fiato.
Lo sbarco operato ad Anzio, che doveva servire a far ritirare truppe tedesche dal settore di Cassino, aveva fallito il suo obiettivo; non solo i tedeschi non avevano minimamente indebolito le difese di Cassino, ma anzi si erano rafforzati proprio in quel settore e gli ultimi scontri lo avevano dimostrato. La tattica di Kesselring di tenere pronte forze di seconda schiera che potessero intervenire nei punti più minacciati del fronte stava dando i suoi frutti.
A questo punto gli Alleati avevano solo una cosa da fare: mettersi sulla difensiva, sospendere ogni attacco alla Gustav ed attendere che passasse quell'inverno terribile, onde far pesare sui combattimenti tutto il peso della potenza aerea e corazzata di cui disponevano.
Purtroppo per loro però lo sbarco di Anzio, distante meno di 80 Km da Roma, aveva punto i tedeschi sul fianco ed avviato una reazione a catena che il semplice buonsenso non poteva oramai spezzare in alcun modo: le notizie provenienti dalla sacca non erano incoraggianti; i tedeschi, con le riserve della XIV Armata, stavano per passare all'offensiva e l'ombra della quasi-disfatta di Salerno iniziava ad aleggiare minacciosa sui reparti appena sbarcati.
C'era il rischio che il Gen. Lucas, costantemente roso dai dubbi ed eccessivamente attendista, e i suoi uomini fossero ricacciati in mare.
Una vittoria tedesca ad Anzio avrebbe avuto un valore propagandistico eccezionale e si sarebbe ripercossa sfavorevolmente sui preparativi di "Overlord", come veniva chiamato in codice lo sbarco in Normandia che doveva avvenire quattro mesi più tardi.
Per tutta questa serie di ragioni, il Gen. Alexander dovette impartire ulteriori ordini di attacco per Cassino.

IL BOMBARDAMENTO DEL MONASTERO DI MONTECASSINO

La seconda battaglia di Cassino è caratterizzata da un avvenimento che ha fatto versare fiumi di inchiostro in tutto il mondo: il bombardamento e la distruzione della celebre Abbazia. L'antico monastero Benedettino, col suo aspetto di fortezza inespugnabile, era per i combattenti Alleati una presenza minacciosa.
In quel settore del fronte tutto si svolgeva sotto le sua mura bianche e inaccessibili. Gli uomini mandati all'attacco tra bombe e raffiche di mitragliatrici non volevano assolutamente credere che il nemico non se ne servisse; addirittura sembra che il governo neozelandese, che aveva sul fronte di Cassino una divisione di fanteria, minacciasse di ritirare le sue truppe dal conflitto se quel " maledetto edificio non fosse stato distrutto, onde consentire le operazioni senza inutile dispendio di vite umane per gli uomini".
In realtà i tedeschi non si erano mai installati nel monastero, avevano anzi piazzato alcune sentinelle sul portone principale con l'ordine categorico di impedire l'accesso ai militari. Questo picchetto di tre uomini della Feldgendarmerie, la polizia militare tedesca, fu tolto alla fine di Gennaio, ma non sembra che le cose fossero cambiate nelle settimane successive.
"Dopo che il Feldmaresciallo Kesselring ebbe interdetto la zona intorno all'Abbazia" afferma Bohmler, "soltanto i seguenti militari penetrarono nel convento: il Generale Senger nel giorno di Natale 1943 per assistere ad una funzione religiosa nella cripta; il medico di Stato Maggiore Dottor Puppel, Ufficiale Sanitario del 1° Battaglione Paracadutisti con due infermieri, quando, tra il 10 ed il 14 Febbraio fu chiamato dai monaci per curare gli sfollati colpiti da un'epidemia di paratifo.
L’ultimo soldato tedesco entrato nel convento, prima del bombardamento, fu il Tenente Deiber, anche lui invitato dai monaci.
Questi sono gli unici soldati che hanno varcato la soglia del monastero dopo la delimitazione della zona sacra. Tutte le armi e le postazioni si trovavano fuori dalla zona circoscritta".
Come si arriva allora alla distruzione del monastero? Chi diede l’ordine di bombardarlo? E perché ? Chi è, in definitiva, il responsabile della fine di Montecassino?
Ai primi di Febbraio 1944, quando viene a sapere dagli americani che la collina ove sorge il monastero è la chiave di volta e baluardo dell'intero sistema difensivo tedesco, il Gen. Tuker, comandante della 4ª Divisione indiana, chiede al Servizio Informazioni della V Armata se vi siano informazioni più dettagliate sull'edificio. La risposta è imbarazzata ma sostanzialmente negativa; quelli del servizio non sanno nulla.
Tuker allora salta sulla Jeep e sparisce. Dopo un paio di giorni torna e si mette a tavolino a scrivere un rapporto. In esso, indirizzato al proprio superiore Gen. Freyberg, spiega di essere andato a Napoli e di aver rovistato in molte librerie, trovando alla fine un vecchio libro che dà qualche particolare sulla edilizia del monastero.

Nel rapporto si narra che trattasi di un edificio robustissimo, con mura alte 45 metri e spesse, alla base, almeno tre. Un solo portone di legno massiccio si apre su un androne la cui volta è formata da blocchi di pietra lunghi anche 10 metri. "Montecassino"- continua il rapporto di Tuker - "è quindi una moderna fortezza che deve essere affrontata con mezzi moderni".

Continua ancora Tuker; "I normali mezzi del nostro Genio probabilmente non servirebbero a nulla, possiamo solo affrontarla dall'aria con bombe dirompenti. Anche se non sembra che il monastero sia occupato da una guarnigione tedesca è certo che i resti delle truppe che difendono la posizione lo terranno come ultimo caposaldo".

Tuker, in ultima analisi, considera "essenziale distruggere il monastero per impedire che i tedeschi lo occupino". È importante come ancora non si faccia alcun riferimento certo alla presenza di truppe tedesche all'interno del monastero.

La conclusione del rapporto è molto critica: "Quando si chiama una formazione alla conquista di una postazione simile, si dovrebbe essere prima certi che la si può conquistare con i mezzi dei quali si dispone, senza che si debba andare in giro per le librerie di Napoli a cercare ciò che dovrebbe essere già noto da molte settimane!"

Il giorno 12 Febbraio, il Gen. Freyberg telefona a Gruenther, Capo di Stato Maggiore del Gen. Clark, chiedendo per il giorno 13 l'appoggio dell'aviazione. Quest’ultimo risponde che per quel giorno Clark ha ordinato di concentrare tutta l'aviazione sui cieli di Anzio. La conversazione riprende poco più tardi con una seconda telefonata del Generale neozelandese che testualmente si riporta: "Vuole per favore indicarmi quali sarebbero gli obiettivi da attaccare?" chiede Gruenther. "Io desidero che sia attaccato il convento!" esclama Freyberg. " Vuol dire l’Abbazia?" domanda ancora Gruenther stupito, "Non è nemmeno segnata sulla carta degli obiettivi per l'aviazione!". "Sulla mia è segnata di sicuro!" riprende Freyberg, "Comunque io desidero che venga bombardata! Gli altri obiettivi sono meno importanti, questo invece è vitale. Il Comandante di Divisione incaricato di condurre l'offensiva ( Tuker ) indica che l'Abbazia è un obiettivo essenziale ed io condivido in pieno il suo parere!". Nell’impossibilità di mettersi in contatto direttamente con Clark, Gruenther si rivolge al Gen. Harding, Capo di Stato Maggiore di Alexander, sottoponendogli la richiesta di Freyberg. Nel tardo pomeriggio Harding comunica a Gruenther la decisione di Alexander: "Se il Generale Freyberg ritiene necessario bombardare l’Abbazia, che la si bombardi". Clark ritiene che il giudizio di Freyberg sia avventato (e lo scriverà anche nelle sue memorie), ma al suo ritorno dalla testa di ponte di Anzio il Generale neozelandese gli rinnoverà la richiesta e, a questo punto, il Comandante della V Armata è costretto a cedere.

Il Generale francese Juin confermò, dopo la guerra, che Clark, dopo aver accettato la proposta di Freyberg, si sentiva a disagio. La decisione di bombardare il monastero, che Clark prende a malincuore, è propiziata da una ricognizione aerea compiuta personalmente sull’obiettivo dai Generali Eaker e Devers, che a bordo di un Piper sorvolarono il monastero a bassa quota. Eaker, al ritorno, afferma di aver visto un'antenna sul tetto dell'Abbazia e "soldati tedeschi che ne entravano e uscivano"

Il Gen. Wilson, Comandante dello scacchiere mediterraneo dopo la partenza di Eisenhower, spedisce allora allo Stato Maggiore britannico un telegramma in cui dichiara di avere prove inconfutabili della presenza tedesca nel monastero; essi se ne servono come parte integrante del loro dispositivo difensivo e da esso partono tutti gli ordini sulla direzione del tiro dell'artiglieria nemica.

Chi ebbe ragione in quelle circostanze, i fautori del bombardamento o i protettori delle opere d'arte? Majdalany, nel suo libro su Cassino definisce "oziose" le interminabili discussioni provocate dalla distruzione dell'Abbazia.

Il fatto indiscutibile era che l’edificio era parte integrante di una montagna non soltanto occupata dal nemico, ma fortificatissima. Per il fante, che doveva andare all'attacco, quello che contava era il terreno, e il terreno comprendeva l'edificio.

"A Cassino" scrive ancora lo storico Majdalany, "il fattore predominante era l'osservazione: poco importava che l'Abbazia fosse o meno occupata" ( ! ).

"Era impossibile", aggiunge il Gen. Kippenberger, "chiedere alle nostre truppe di andare all'assalto di una collina sovrastata da un edificio intatto come quello, che poteva ospitare in perfetta sicurezza parecchie centinaia di soldati pronti ad uscire fuori per il contrattacco nel momento più critico. Intatto era un riparo perfetto, demolito diventava un gran mucchio di macerie e di rottami, aperto al fuoco dei cannoni, dei mortai e dei cacciabombardieri: sotto un secondo bombardamento, infine, poteva trasformarsi in una trappola mortale per i suoi difensori".

Tutte queste testimonianze di parte alleata sembrano voler giustificare il fatto che, quella di Freyberg, insomma, era l'unica decisione possibile.

Presa alla fine la decisione, il primo grosso errore compiuto dagli Alleati risiede nel fatto che la responsabilità passò alle Forze Aeree le quali, agendo indipendentemente dall'esercito, prepararono il bombardamento come un’operazione a sé stante, senza coordinarla con l'attacco da terra, il che rappresentava l'unica giustificazione plausibile alla distruzione del monastero.

L'Aviazione, come già detto, procedette quindi per proprio conto ed effettuò il bombardamento prima che la Divisione indiana fosse pronta per l’attacco che tale azione aerea doveva appoggiare.

Così il bombardamento, quando avvenne, scatenò la sua furia nel vuoto, in maniera tragica e distruttiva; non servì a nulla... non giovò a nessuno.

Il 15 Febbraio 1944 alle 9.15, dopo un paio di rinvii dovuti alle pessime condizioni atmosferiche ed un lancio di volantini tramite granate d’artiglieria per avvertire la popolazione civile, circa 250 bombardieri tra pesanti e medi, partiti dalle loro basi a Brindisi, sganciarono su Montecassino circa 500 tonnellate di bombe.

L’incursione durò tutta la mattinata in più ondate. Si tratta, per gli Alleati, di un operazione totalmente nuova, in quanto è la prima volta che si chiamano le "fortezze volanti" dell'aviazione Strategica a cooperare con i bombardieri medi in un azione a sostegno della fanteria.

Solo il dieci per cento dei velivoli, sorvolando la montagna ad alta quota, centrano il bersaglio, ma anche così i danni sono ingenti. Molte bombe cadono lontane dal bersaglio ed alcune addirittura nelle linee alleate, come quelle che caddero sul paese di Cervaro, uccidendo 24 soldati inglesi ricoverati in un ospedale da campo.

Christopher Buckley, un corrispondente di guerra britannico, ha così descritto la scena: "Quando il sole è tornato a splendere nel cielo e le nuvole di fumo si sono diradate, non ho visto grandi cambiamenti nella sagoma del Monastero. Qua e là si notava una breccia nel muro, una finestra appariva più grande del normale, il tetto appariva irregolare e dentellato; ma in sostanza l'edificio continuava a stare in piedi, dopo ore e ore di bombardamento aereo".

Poco prima delle 14.00 giunge un'altra ondata di bombardieri medi che vengono a dare il colpo di grazia: "Si sono buttati in picchiata, un attimo dopo una vivida fiammata si è alzata da una decina di punti. Poi una colonna di fumo alta oltre 150 metri si è levata al cielo. Per quasi cinque minuti è rimasta sospesa sull’edificio, assottigliandosi a poco a poco in uno strano e sinistro arabesco. Poi il fumo si è fatto più rado ed infine è svanito. Stavolta la sagoma dell'Abbazia era mutata; il muro occidentale era totalmente crollato".

L'ironica conseguenza del bombardamento di Montecassino è che, sul piano tattico, esso si tradusse in un vantaggio enorme per i tedeschi. Quando infatti l'Abbazia divenne un solo grande mucchio di rovine, i paracadutisti della 1ª Divisione si sentirono oramai autorizzati ad impossessarsene e si trincerarono tra le macerie e nei sotterranei.

All'attacco sulla Testa del Serpente, qualche ora dopo, vanno questa volta gli indiani della 4ª Divisione: volontari ardimentosi che si fanno fare a pezzi per conquistare un palmo di terreno nemico.

Giù nella valle intanto, sotto una cortina fumogena costata oltre 30.000 proiettili, il 28° Battaglione di Maori neozelandesi riesce a catturare la stazione ferroviaria, ma ne viene scacciato subito dopo dai carri armati tedeschi, perdendo oltre 130 uomini dei 200 che avevano iniziato l'azione. Sembra inoltre che molti dei proiettili fumogeni tirati dall’artiglieria alleata siano letteralmente "caduti in testa" agli indiani che si trovavano sulle prime pendici delle alture a ovest di Cassino.

Dopo tre giorni di duri combattimenti, tutti gli attacchi, tre verso l’Abbazia ed uno verso la città di Cassino, vengono respinti con gravi perdite da parte degli Alleati.

La seconda battaglia di Cassino termina così il 18 Febbraio 1944 con un nuovo successo dei difensori; per gli attaccanti invece l’unico vantaggio conseguito è un ponte sul fiume Rapido. Sui monti di Cassino, nell’inverno del 1944, i soldati del più potente esercito del mondo imparano a loro spese che in determinate circostanze un mulo può valere più di dieci carri armati.

Ai primi di Marzo, il maltempo provoca un'interruzione generale delle operazioni nella Campagna d’Italia; entrambi gli avversari sono impantanati nel fango.

In questo momento gli Alleati hanno nella penisola circa 20 Divisioni, ma le perdite sono state elevate. I tedeschi invece ne hanno circa 18 a sud di Roma ed altre 5 nel Nord Italia, ma anche i loro uomini ed i loro mezzi sono stanchi e logori.

Tuttavia, mentre i secondi devono solo badare a difendersi, i primi, ligi alle direttive che impongono alle armate in Italia di tenere impegnate quante più forze tedesche possibile, sono costretti ad attaccare.

I preparativi per la terza battaglia di Cassino iniziano quindi subito dopo lo scacco di Febbraio.

I Generali Alleati, alle prese con quella maledetta montagna inespugnabile, non sanno pensare ad altro che ad un altro attacco frontale da Nord verso il monastero e la città. Il "nuovo piano” non entusiasma nessuno, tant’è che, il 28 Febbraio, il Gen.Clark dichiara a pochi intimi che vi sono solo il 50% di possibilità di riuscita L'operazione, detta in codice "Dickens" sarebbe dovuta iniziare il 24 Febbraio con una prima fase comprendente il bombardamento della città di Cassino.

Il maltempo costringe gli Alleati a continui rinvii ed il bombardamento che sarebbe dovuto avvenire alla frase in codice "Bradman batte" non può essere realizzato. Per 21 giorni consecutivi, mentre crescono il nervosismo e la tensione, Bradman non batte, dimostrandosi un pessimo giocatore.

Solo alle 08.30 del 15 Marzo, da un cielo finalmente sereno, circa 500 bombardieri tra pesanti e medi possono rovesciare su Cassino, che a quel tempo misurava quanto un rettangolo di 1400 per 400 metri, mille tonnellate di bombe in poco più di tre ore.

Il pesante bombardamento aereo distrugge completamente la città; poi, sulle macerie ancora fumanti e sui pochi edifici ancora in piedi, 900 pezzi di artiglieria, compresi tre pezzi ferroviari italiani, serviti da nostri soldati, aprono il fuoco.

"Mi sembra inconcepibile" dirà più tardi Alexander, "che dei soldati potessero rimanere vivi dopo un simile, terribile martellamento dall’aria e da terra, durato oltre otto ore".

Con grande sorpresa e sollievo del presidio del monastero, l'Abbazia non viene bombardata. "Fu un grande errore" osserva Bohmler "perché le volte ed i soffitti che erano rimasti in piedi non avrebbero resistito ad un nuovo bombardamento. I difensori sarebbero rimasti bloccati per molto tempo e gli indiani avrebbero potuto conquistare senza molta fatica il monte di S. Benedetto".

Il prezzo comunque è stato alto, le bombe cadute su Cassino hanno distrutto tutte le armi pesanti tedesche e decimato i paracadutisti asserragliati negli edifici. Solo una compagnia, rifugiatasi all’inizio del bombardamento in una grotta sotto la collina della Rocca Janula, si salva al completo e sono proprio i suoi effettivi a bloccare l’avanzata neozelandese, i quali entrano nella città baldanzosi e pronti a scommettere di non trovare vivi nemmeno i topi in quella che, una volta, fu la ridente Cassino.

La città, dopo il bombardamento, è un solo, immenso, fumante mucchio di macerie. Mentre gli uomini a piedi possono avanzare, i carri armati, vitali per stanare i suoi difensori, sono costretti ad arrestarsi davanti ai profondi crateri scavati dalle bombe. Con un coraggio eccezionale, che valse loro il nomignolo di "Diavoli Verdi", combattendo di rudere in rudere, i pochi paracadutisti tedeschi rimasti vivi nella città bombardata respingono l'attacco. Il tempo oltretutto, rimessosi nuovamente al brutto, dà loro una mano e ben presto la pioggia torrenziale trasforma i crateri in laghetti e le macerie delle case in pantani. "Al bombardamento" scrive Majdalany, "si era fatto seguire un attacco troppo debole, e questo errore sarebbe stato pagato caro".

Intanto, sulle colline, un battaglione di "Gurka", i vecchi guasconi dell’Armata indiana, è riuscito a spingersi con gravi perdite fino a 225 metri dal monastero. Gli indiani avanzano in pieno inverno senza cappotto per essere più leggeri. I tedeschi li inchiodano sul costone antistante l'Abbazia e ve li tengono per otto giorni e otto notti.

Viene tentato allora un attacco di mezzi corazzati partendo da una mulattiera, appositamente allargata, che arriva dritta fino alle spalle del monastero, passando per la vecchia fattoria Albaneta. Gli Alleati sono molto fiduciosi in quest'azione perché, se si riuscirà a far giungere mezzi corazzati fino in prossimità del monastero i tedeschi non avranno modo di fermarli....o almeno così credono.

L'attacco sorprende il nemico ma non riesce a volgerlo in fuga. Messo fuori combattimento il primo carro della fila, gli altri carri rimangono bloccati su un terreno difficile e divennero facili bersagli per i pezzi controcarro tedeschi.

Nella terza battaglia di Cassino, gli Alleati persero 1050 uomini della Divisione neozelandese, 1160 della Divisione indiana e 190 della 78ª Divisione britannica.

L'eco delle innumerevoli difficoltà alleate nel prendere Cassino giunge fino in Inghilterra, dove Churchill non nasconde la sua stizza.

Ad Alexander scrive: "Desidero mi spieghiate come mai questa vallata presso la collina dell'Abbazia di Montecassino, larga appena tre chilometri, rappresenti l'unico fronte contro cui dovete continuamente cozzare. Ormai sono state logorate ben cinque Divisioni. Per la verità io non conosco il terreno e le posizioni da cui si combatte, ma guardando le cose da lontano vien fatto di chiedersi come mai il nemico non possa essere attaccato sui fianchi, invece che nel punto ove egli offre la massima resistenza. È molto difficile capire perché questa posizione così potentemente fortificata sia l'unico varco che consenta di avanzare e perché, una volta assodato che risulta militarmente inaccessibile, non si possa guadagnare terreno sui due lati "

La risposta di Alexander è una lucida ricapitolazione di tutti i fattori che dalla metà di Gennaio hanno influito negativamente sul corso delle operazioni. "I tentativi di aggirare la montagna da nord sono falliti a causa dei profondi burroni, delle scarpate rocciose e delle creste affilate che consentono la manovra solo a reparti relativamente piccoli di fanteria, rifornibili con muli e portatori. Un più ampio movimento aggirante sarebbe ancor più difficile per il motivo che in tal caso si sarebbe dovuto superare il Monte Cairo, dai fianchi ripidissimi e per giunta coperto da una spessa coltre di neve. L'aggiramento da Sud, attraverso il Rapido, è reso impossibile dalle inondazioni, dal terreno paludoso e dalla mancanza di strade; per di più la traversata del Rapido a sud di Cassino, come già dolorosamente sperimentato dagli Americani, andrebbe compiuta sotto il potentissimo tiro dell’artiglieria nemica in postazione ai piedi delle montagne".

UN SUCCESSO IRRISORIO

Il 21 Marzo, Clark, convoca il Generale francese Juin per conoscere la sua opinione sulla stasi delle operazioni a Cassino. Secondo quest'ultimo, era poco consigliabile insistere in un operazione locale che si era già dimostrata assai costosa e che, di giorno in giorno, lo sarebbe diventata ancora di più. Solo un operazione in grande stile avrebbe potuto aprire una breccia nello schieramento avversario e far cadere, aggirandola, Cassino. Clark sembrava d'accordo, ma il problema era per lui una questione personale; egli comandava un'armata destinata ad eseguire una difficile operazione e rimaneva per tutto il mondo l'uomo che non riusciva a prendere Cassino.

Di ciò ne era molto abbattuto, poichè ne risultava compromesso il proprio prestigio. Il 22 Marzo il Gen. Alexander ordinava di sospendere l'offensiva; l'attacco dei Maori nella parte alta di Cassino era fallito, i Gurka, rimasti isolati sulle colline, si disimpegnano a fatica e la V Armata passa sulla difensiva. Qualche progresso si è fatto; la stazione ferroviaria, due terzi della città e la collina della Rocca Janula, ai piedi dell'Abbazia, sono ora in mano alleata... Ma a che prezzo, tenendo conto che l’accesso alla Via Casilina é ancora saldamente bloccato! Nella valutazione della terza battaglia di Cassino gli esperti di cose militari tendono a sottolineare l'errore commesso dagli Alleati nel prevedere gli effetti del bombardamento, il quale sconvolse talmente la città da renderla in pratica inaccessibile. In realtà, come ammettono anche le fonti tedesche, l'azione combinata degli aerei e dell'artiglieria ridusse notevolmente la capacità combattiva dei paracadutisti; quello che mancò fu un attacco in forze della fanteria subito dopo la distruzione della città. Quel terreno che subito dopo il bombardamento si sarebbe potuto occupare in un balzo richiese poi, una volta che i tedeschi ebbero il tempo di riprendersi, un duro combattimento metro per metro.

E adesso che fare? Il rapporto inviato da Alexander a Churchill mentre la battaglia stava per finire anticipa già le linee dell'offensiva futura. Il piano dell’VIII Armata di irrompere in forze nella valle del Liri verrà attuato appena sarà ultimata la riorganizzazione dei reparti. Esso dovrà contemplare un attacco su un fronte più ampio e con forze più ingenti di quelle di cui Freyberg ha potuto disporre finora.

IL COLPO FINALE DI ALEXANDER

Per superare il punto morto al quale era arrivata la situazione lungo la Linea Gustav, dal 15 Marzo al 10 Maggio Alexander raggruppa gli effettivi di circa 17 grandi Unità, appoggiate da 600 batterie di 2400 cannoni di tutti i calibri.

Su un fronte d'attacco di una quarantina di chilometri, l'11 Maggio, inizio dell'offensiva, c’è un cannone ogni dodici metri; una concentrazione di armi quale s'era raramente verificata nella Prima Guerra Mondiale, a cui Cassino assomigliava sempre più.

Il raggruppamento delle forze Alleate procede nell'assoluta segretezza e, alla fine dei vari spostamenti, Clark si troverà ad avere più di sette divisioni, di cui quattro francesi, schierate dal Tirreno al Fiume Liri.

Dal Liri agli Appennini il fronte è tenuto dall'VIII Armata agli ordini del Gen. Oliver Leese, con forze equivalenti ad una dozzina di divisioni. Altre sei divisioni sono ammassate sulla testa di ponte di Anzio, pronte a scattare al momento opportuno. Delle oltre ventotto divisioni complessivamente schierate dagli Alleati sul Fronte italiano, quelle adibite alla difesa del settore adriatico sono appena tre.

Davanti a questo schieramento, i tedeschi hanno in campo ventitre divisioni, ma i trucchi escogitati dagli Alleati, tra i quali la minaccia di uno sbarco a Civitavecchia, hanno disorientato così bene il comando germanico che le sue forze sono assai disperse. Nel tratto di fronte dove gli Alleati vibreranno i loro colpi più duri ci sono appena quattro divisioni tedesche, mentre le riserve sono sparpagliate e lontane.

Il piano escogitato da Alexander è semplice; due Armate, la V e l'VIII, operando di fianco tra Cassino e il mare, taglieranno la Linea Gustav e, una volta messa in fuga la X Armata tedesca, si lanceranno al suo inseguimento. A questo punto le forze ammassate nella testa di ponte di Anzio effettueranno una sortita, attaccando ad angolo retto rispetto alla direzione dell'avanzata generale e sbarrando la strada ai tedeschi in ritirata dal basso Lazio sui Colli Albani.

Con questa manovra, sarà possibile catturare la maggior parte degli sbandati di Cassino. Il presupposto indispensabile per l'attuazione del piano è rappresentato dall'impiego delle quattro divisioni del Corpo di Spedizione francese del Gen. Juin.

Questi, in un promemoria del 4 Aprile, aveva proposto un’azione di sorpresa da compiersi mediante truppe particolarmente addestrate alla guerra in montagna. Gli uomini di Juin avrebbero dovuto attaccare all'improvviso la catena degli Aurunci e la cresta di Monte Petrella, così ripido che i tedeschi non si erano nemmeno preoccupati di fortificarlo, per poi dirigersi verso i Monti Ausoni e le paludi Pontine.

Con l'ala destra avrebbero quindi operato una conversione a est per incontrare i polacchi e gli inglesi provenienti rispettivamente dalle pendici di Monte Cairo e da quelle di Montecassino.

I tre gruppi si sarebbero quindi riuniti nell'alta valle del Liri, alle spalle della Linea Gustav, tagliando fuori il caposaldo rappresentato dall'Abbazia.

Le forze che si contrapponevano alla vigilia di quella ennesima battaglia per Cassino erano così suddivise:


SETTORE ALLEATO

V ARMATA

·II Corpo d'Armata ( 85ª e 88ª Divisione Fanteria USA ) nel basso Garigliano, a valle del parallelo di Castelforte.

·I Gruppo Corazzato (3ª Divisione Fanteria algerina, 2ª e 4ª Divisione Fanteria marocchina, 1a Divisione "France Libre", 1°, 2° e 3° Gruppo Tabor e 2° Gruppo Corazzato ) nel settore medio Garigliano, tra Castelforte e S.Ambrogio.

·RISERVA: Comando IV Corpo d'Armata ( 36ª Divisione, inizialmente nella zona dei Campi Flegrei, poi, durante la battaglia, trasportata via mare nella testa di sbarco di Anzio, dove approdò il 22 maggio e 909° Battaglione paracadutisti)

·VI Corpo d'Armata ( 1ª e 5ª Divisione Fanteria britanniche, 3ª, 34ª e 45ª Divisione Fanteria americane, 1ª Divisione Corazzata americana, 1° Special Service Forces, 100° Battaglione Nippo-Americano) sul fronte di Anzio, tra Fosso della Moletta, Carroceto e Canale Mussolini.



VIII ARMATA

·XIII Corpo d'Armata britannico (8ª Divisione Fanteria indiana rinforzata dalla 26ª Brigata Corazzata britannica) nel settore del basso Rapido.

·II Corpo d'Armata polacco (3ª Divisione Fanteria "Karpazia", 5ª Divisione Fanteria "Kresowa", 2ª Brigata Corazzata) nel settore del medio Rapido.

·X Corpo d'Armata britannico (2ª Divisione neozelandese, 12ª Brigata Motorizzata, 24ª Brigata Guardie, 2ª Brigata paracadutisti, Corpo italiano di Liberazione) nel settore dell’alto Rapido.

·V Corpo d'Armata britannico (10ª Divisione indiana, 4ª Divisione indiana, 23ª Brigata Corazzata, 7° Gruppo brigate corazzate, Forza "D", composta da 2 Reggimenti di Cavalleria ed elementi vari da ricognizione) nel settore Sangro-Costa Adriatica

·RISERVA GENERALE: Comando I Corpo d'Armata canadese (1ª Divisione fanteria canadese a nord di Capua; 5ª Divisione Corazzata canadese nella zona di S.Agata; 25ª Brigata Corazzata).



SETTORE TEDESCO



X ARMATA

·XIV Corpo d'Armata - Generale der Panzertruppen Von Senger und Etterlin - ( 94ª Divisione Fanteria - Generale Steinmetz -, 71ª Divisione Fanteria - Generale Raapke - rinforzata dal 131° Rgt Fanteria e dai battaglioni da ricognizione della 41ª e 114ª Divisione Fanteria ) sul Garigliano, tra il mare e la confluenza con il Liri.

·LI Corpo d'Armata da montagna - Generale Feuerstein - ( Gruppo Bode, formato da un Reggimento ed il battaglione da ricognizione della 305ª Divisione Fanteria, un battaglione da montagna ed un battaglione di complementi; 1ª Divisione paracadutisti - Generale Heidrich -, rinforzata da un battaglione da montagna; 44ª Divisione di Fanteria - Generale Franck -, meno un Reggimento ed il battaglione da ricognizione; 5ª Divisione da montagna - Generale Schrank-) tra il Liri e l'alto Rapido.

·RISERVA: 15ª Divisione Panzergrenadier - Generale Rodt - ( 114° Rgt nella zona Itri-Formia; 115° Rgt, battaglione da ricognizione e battaglione carri ) nella zona di Pontecorvo.

·114ª Divisione "Jäger", meno il battaglione da ricognizione; 334ª Divisione Fanteria; 305ª Divisione Fanteria (meno il Reggimento 576° ed il battaglione da ricognizione) nel settore del Sangro.



XIV ARMATA

·I Corpo d'Armata ( 4ª Divisione paracadutisti e 65ª Divisione Fanteria ) a nord di Anzio.

·RISERVA GENERALE DEL CORPO D'ARMATA: 90ª Divisione Panzergrenadier (nella zona di Frosinone ); 26ª Divisione Corazzata ( nella zona di Valmontone ); una parte della Divisione Corazzata "Hermann Goering" ( sempre a Valmontone; l'altra parte era a riposo tra Livorno e Firenze); 3ª Divisione Panzergrenadier ( fra Roma ed i Colli Albani ); 29ª Divisione Panzergrenadier ( nella zona di Bracciano).



UN ESERCITO COSMOPOLITA

Oltre ad essere la forza più potente messa in campo per un'offensiva in Italia, il gruppo di Armate di Alexander era anche quello che comprendeva il maggior numero di nazionalità.

Ben difficilmente un esercito avrebbe potuto essere più internazionale di così. Una lista di queste nazionalità si trova in uno dei dispacci dello stesso Alexander. Gli uomini lanciati all'attacco della Linea Gustav sono inglesi, americani, francesi, canadesi, neozelandesi, sudafricani, algerini, indiani, marocchini, polacchi, tunisini, senegalesi, belgi, nepalesi, greci, brasiliani, terranoviani, ceylonesi, siriani, libanesi, jugoslavi, palestinesi, mauriziani, ciprioti, basuti, swazi, beciuani e seychellesi. Inoltre vi erano gli italiani del 1° Raggruppamento Motorizzato, una divisione negra americana ed un Reggimento di "Nisei", truppe nippo-americane.

Il Corpo di Spedizione francese, agli ordini del Gen. Juin, era il primo reparto che avesse avuto la possibilità di combattere per cancellare l'umiliazione del 1940, quando i tedeschi avevano invaso e sconfitto in meno di 50 giorni la Francia. Le sue battaglie erano iniziate con due divisioni formate da fuoriusciti e da uomini che, nel maggio 1940, si trovavano nelle colonie. Ora ne contava quattro, oltre a 12.000" Goumiers", truppe marocchine specializzate nella guerra in montagna; complessivamente circa 100.000 uomini, in gran parte truppe coloniali al comando di ufficiali francesi, che così si trovavano a dover assolvere all'ingrato compito di rinverdire il prestigio militare della Francia.

Non molto diversa era la situazione dei polacchi; fuggiti dal loro Paese occupato o liberati dai lager russi al momento dell’invasione tedesca dell'Unione Sovietica, i polacchi erano uomini che avevano perso tutto, la Patria, la famiglia, il lavoro, la casa. Agli ordini del Generale Anders, essi erano stati addestrati dapprima in Iran sotto il controllo inglese e successivamente inviati nel teatro di operazioni italiano. Essi si offrivano per i compiti più ingrati e su quei monti, ormai ricoperti più di cadaveri che di sassi, nel lungo assedio all’imprendibile fortilizio tedesco, si sentivano obbligati a dimostrare, con il loro coraggio e il loro sprezzo del pericolo, che la Polonia esisteva ancora.



L’ATTACCO FINALE

Per tutto l'inverno 1943-44 i cannoni di Cassino non avevano taciuto quasi mai. Solo il giorno di Pasqua, la mattina, c'era stata una spontanea sospensione del fuoco.

La sera dell'11 Maggio, poco prima dell'ora H fissata per le 23.00, su Montecassino e sulle vallate sottostanti cala un silenzio strano, innaturale.

Dura appena un'ora o due. Alle 23.00 viene squarciato da un rombo assordante di 1600 cannoni che, per quaranta minuti consecutivi bombardano ogni posto comando, ogni batteria, addirittura ogni singola postazione tedesca conosciuta.

La quarta battaglia di Cassino è iniziata. A Nord della città, il Corpo d'Armata polacco tenta di raggiungere l'Abbazia ma viene fermato e respinto. Il XIII Corpo d'Armata britannico, che comprende la 4ª Divisione inglese e l'8ª Divisione indiana, riesce a formare delle piccole teste di ponte oltre il Rapido, ma è poi costretto a lottare con i denti e con le unghie per non perderle. Nel settore della V Armata, solo le truppe coloniali del Gen. Juin avanzano rapidamente verso il Monte Faito, mentre lungo la costa Tirrenica il II Corpo d'Armata americano incontra una tenace opposizione e deve farsi strada palmo a palmo.

Passano una decina di ore; nel pomeriggio del 12 Maggio la situazione è la seguente: all'estrema destra i polacchi sono tornati sulla linea di partenza; all'estrema sinistra gli americani stanno ancora lottando accanitamente per raggiungere i loro primi obiettivi; gli unici che continuano ad avanzare sono i francesi.

Molto lentamente però, anche gli indiani e gli inglesi del XIII Corpo consolidano le teste di ponte oltre il Rapido facendovi affluire mezzi corazzati. Il passaggio del fiume, fondamentale per la presa di Cassino, è riuscito. La pressione alleata continua ad aumentare e al mattino del 13 Maggio comincia a divenire insostenibile per i tedeschi. Aggirata dall'attacco di sorpresa dei francesi e logorata dagli americani, l'ala destra del fronte tedesco inizia a dare segni di cedimento. I francesi prendono Monte Majo, potendo così appoggiare l'avanzata dell'8ª Divisione indiana.

Juin spinge la sua Divisione motorizzata di testa lungo il corso del Garigliano per occupare S.Ambrogio, S.Apollinare e rastrellare la riva del fiume. Il 14 Maggio guadagnano terreno anche le Divisioni del XIII Corpo britannico, mentre i francesi liberano Ausonia; subito dopo Juin lancia i suoi Goumiers sui monti impervi a ovest di Cassino, ritenuti dai tedeschi inaccessibili.

Nel settore della V Armata, le due Divisioni tedesche che si sono trovate a dover sostenere l'attacco di sei Divisioni americane hanno subito perdite elevatissime. Tutto il fianco destro dello schieramento a sud del Liri inizia a sgretolarsi. A nord del fiume invece i tedeschi restano ancora per qualche giorno disperatamente abbarbicati agli ultimi baluardi della Linea Gustav.

Il 15 Maggio il XIII Corpo Britannico raggiunge la strada Cassino-Pignataro e il Gen. Leese porta in linea il Corpo d'Armata canadese per essere pronto a sfruttare il successo.

Il giorno seguente la 78ª Divisione inglese sfonda le difese nemiche e opera una puntata in direzione nord-ovest che la porta sulla via Casilina. Il 17 Maggio i polacchi attaccano a nord dell'Abbazia e riescono stavolta a conquistare le alture a nord-ovest della vetta.

Quella notte, con il favore delle tenebre, gli ultimi paracadutisti tedeschi abbandonano le rovine del monastero e la mattina seguente, 18 Maggio, alle 10.30, mentre gli uomini della 4ª Divisione indiana rastrellano sistematicamente la città, una pattuglia polacca al comando del Ten. Gubriel issa trionfalmente il suo stendardo bianco e rosso sopra l'Abbazia. Bohmler, che in questa storia parla a nome dei tedeschi, scrive:"In contrasto con i comunicati Alleati, c'è da osservare che nè il Colle S.Angelo, né il monte Calvario nè la Cresta del Fantasma furono conquistate dai polacchi. I soldati di Anders misero piede su queste alture intrise di sangue soltanto dopo la ritirata dei paracadutisti tedeschi, dovuta al nuovo assetto dell'intero fronte della X Armata.

I portaordini tedeschi che la sera 17 portarono in linea gli ordini per la ritirata non trovarono che i miseri resti delle loro compagnie. Le perdite dei tedeschi erano state eccezionalmente elevate: della 1ª Compagnia, che si era trovata per ben sei giorni nel punto cruciale della battaglia per Monte Calvario, erano sopravvissuti solo un ufficiale, un sottufficiale ed un soldato.

E così, nella notte del 18 Maggio, i paracadutisti sgombrarono, col cuore pesante, la posizione di Cassino, dove avevano versato tanto sangue. Gli inglesi si trovavano già sulla Casilina e si poteva sfuggirgli solo passando attraverso le montagne. Quando, la mattina del 18 Maggio, il 12° Reggimento Podolsky assalì il convento e penetrò fra le macerie, non incontrò alcuna resistenza, essi trovarono soltanto molti morti tedeschi ancora insepolti, alcuni feriti, curati da infermieri, che non avevano potuto essere trasportati".

Finisce così la quarta ed ultima battaglia di Cassino, costata ad ambedue gli schieramenti oltre 250.000 fra morti feriti e dispersi.

Ma appena pochi chilometri oltre la Linea Gustav, quella che sembrava essere una rapida avanzata verso la Capitale d'Italia, subiva una prima battuta d'arresto contro i capisaldi che riproponevano la struttura di una nuova linea difensiva: la Linea Hitler, successivamente denominata Senger. Strutturata a legare il massiccio del Monte Cairo con Piedimonte S.Germano, Aquino e Pontecorvo, essa era costituita da una serie di ricoveri in cemento armato, sbarramenti e fossati anticarro larghi ben 10 metri, oltre i quali si trovavano postazioni di artiglieria ben mimetizzate, carri armati, lanciarazzi e ampi campi minati. A causa della difficoltà di movimento dei carri alleati sul terreno fangoso, questi si muovevano quasi esclusivamente su strada, agevolando il compito dei tedeschi.

Più che l'avanzata attraverso la Valle del Liri, in quel momento ciò che preoccupava maggiormente i tedeschi era il rapido procedere attraverso le montagne alla sinistra del fronte dei francesi, i quali già il 17 maggio, dopo aspri combattimenti, avevano liberato Esperia, S.Oliva e, spingendosi velocemente oltre, il Monte d'oro, appena a 7 Km da Pico. A nulla valse lo schieramento dell'ottima 90ª Divisione Panzergrenadier ad arginare la marea dell'avanzata francese, così come l'invio della 26ª Divisione Panzer a limitare la penetrazione a sud di Pico, da dove i Goumiers avrebbero agevolmente potuto raggiungere Ceprano e Frosinone con risultati catastrofici per le truppe tedesche in ritirata dal fronte di Cassino. Tale manovra era infatti contemplata nei piani del Gen. Alexander che intendeva prorompere dalla testa di ponte di Cori, in direzione di Valmontone e quindi verso Roma, mentre la V Armata americana del Gen. Clark avrebbe dovuto piegare verso nord assieme alle truppe francesi e piombare su Ceprano, interrompendo la Via Casilina e bloccando così la via della ritirata dei tedeschi, molti dei quali si trovavano ancora a sud di tale centro.

A sua volta il Gen. Leese, con la sua VIII Armata, sarebbe scattato contro le fortificazioni della Linea Hitler, per distruggere le rimanenti forze tedesche.

Tutto ciò era comunque in contrasto con il pensiero di Clark; perché mai muovere in aiuto dell'VIII Armata quando, ad appena 60 Km dalle truppe attestate sulla testa di ponte di Anzio, poteva congiungersi ad esse ed occupare Roma con un attacco diretto? Roma era il grande premio dell'armata di Clark, tutte le altre operazioni erano per lui di importanza secondaria. Egli era sufficientemente ambizioso per pretendere solo per sé tale premio e ciò si evince dalle sue memorie: " Non solo pretendevamo l'onore di conquistare Roma, ma eravamo convinti di essercelo più che meritato. In un certo senso ciò ci avrebbe compensato dei vani combattimenti sostenuti in inverno contro i tedeschi... personalmente avevo l'impressione che non vi fosse alcun ostacolo in atto che potesse fermare la nostra avanzata verso la Capitale italiana... era anche un nostro desiderio che la gente venisse a sapere che l'operazione fosse stata eseguita dalla V Armata americana ed a che prezzo ". Pertanto Clark non attese oltre e lanciò le divisioni 88ª e 85ª ad occupare il 20 maggio Fondi ed il giorno 23 Terracina.

Di slancio, si spinsero ancora circa 22 Km oltre, ad occupare Roccasecca dei Volsci, senza minimamente preoccuparsi del fatto che le unità, nella loro corsa, erano rimaste totalmente scoperte sui fianchi. Il giorno 25 maggio, le avanguardie dell’85ª Divisione si incontravano presso Borgo Grappa con un gruppo di combattimento del 36° Reggimento del Genio americano, realizzando una stretta via di collegamento tra il fronte di Anzio e quello, fluido, di Cassino.

Con ciò si era nello stesso tempo perduta un'occasione storica; la possibilità di imbottigliare nella Valle del Liri la maggior parte della XIV Armata tedesca, anche se questo avrebbe comportato lo spostamento del principale campo di battaglia intorno a Ceprano. La conquista di questo centro era comunque nell’obiettivo delle truppe francesi di Juin, che stavano spingendosi ora oltre il Monte Leucio ad est di Pico. Di contro i tedeschi avevano schierato le unità della 26ª Divisione Panzer del Gen. Luttwitz, le quali confermarono la fiducia loro riposta bloccando il 19 l'attacco dei francesi. Il giorno successivo Juin manda avanti la 3ª Divisione Fanteria algerina che, dopo accesi combattimenti, si impadronisce della tanto contesa quota inviando in avanti una formazione corazzata che raggiunse il centro di S.Giovanni Incarico, sulle sponde del fiume Liri. A quel punto, un forte contrattacco delle riserve corazzate della 26ª ricaccia indietro gli algerini sia dal monte che dalla stessa Pico, ma il 22, con l'intervento della 4ª Divisione da montagna marocchina, i francesi riprendono definitivamente Pico, anche se vengono fermati poco fuori dall'abitato da alcuni reparti della 334ª Divisione tedesca, richiamata appositamente dal fronte adriatico per dare man forte ai già provati difensori della Gustav.

Nella valle intanto, la 78ª Divisione britannica e la 1ª canadese attaccavano la linea Hitler. Dal 19 al 20 maggio, 400 cannoni martellarono le posizioni tedesche con un ritmo di 1000 granate l'ora. Questa azione di "ammorbidimento" continuò fino all’attacco della divisione canadese. Alle 06.00 del 23 maggio, dopo un fuoco di sbarramento di 800 cannoni che saturarono un fronte di 3000 metri davanti alle posizioni tedesche, il Gen. Burns lanciò avanti la 1ª Divisione, puntando subito a nord di Pontecorvo. Alle sue spalle l'8ª Divisione indiana e la 6ª Corazzata erano pronte a sfruttare un eventuale sfondamento, per attaccare decisamente a nord di Aquino e procedere a cavallo della Via Casilina.

Alle 12.00 del 24 maggio, a costo di elevate perdite da ambedue le parti, Pontecorvo viene occupata, ma la ostinata resistenza offerta dalla 90ª Divisione tedesca del Gen.Ernst Gunther Baade e dai paracadutisti di Heidrich a nord di Aquino ritardano l'avanzata attraverso la breccia apertasi fino al giorno seguente. Nel frattempo, una brigata corazzata della 5ª Divisione canadese, accompagnata da alcuni battaglioni di fanteria del Westminster Regiment, passa in testa e rapidamente raggiunge il fiume Melfa presso Roccasecca.

Poco a sud-ovest della stazione ferroviaria e, trovato un guado, lo difende per tutta la notte successiva dai contrattacchi dei Granatieri tedeschi. La Linea Hitler era sfondata e la strada per Ceprano era libera. Era giunto il momento per il Gen. Heidrich di abbandonare con i suoi paracadutisti anche il settore del Melfa, se non voleva essere accerchiato dalle punte avanzate alleate.

Intanto, alla 38ª Irish Brigade della 78ª Divisione inglese ed agli indiani dell’8ª Divisione, viene dato l'ordine di prendere la Città di Aquino ed il suo aeroporto, nonchè continuare in direzione di Arce lungo la Statale 6, tallonando così i paracadutisti tedeschi in ritirata. Il 25 maggio l'avanzata della Divisione era aperta dalla 11ª Brigata con il supporto della 9ª Brigata corazzata e, due giorni dopo, il Reggimento irlandese era ancora la punta avanzata, con il 1° Royal Irish Fusiliers in testa verso Ceprano.

La Via Casilina, presso Arce, ad un tratto piega verso Ceprano congiungendosi prima con la S.S.82 e continuando poi verso Frosinone. Il tratto che sovrappone i due percorsi, dal Convento dei Carmelitani alla giunzione con la S.S.82, era il principale obiettivo degli Irish Fusiliers, mentre alla loro destra il Reggimento delle Guardie, appoggiato da unità corazzate della 6ª Divisione iniziava l'avvicinamento ad Arce, dove presso i Monti Piccolo e Grande, i tedeschi avevano apprestato alcune forti posizioni difensive che, tenendo la Via Casilina sotto un incessante fuoco, rendevano difficile l'avanzata alleata

Lasciando i loro trasporti, gli irlandesi iniziarono l'avanzata attraverso la campagna per incontrare i canadesi, evitando così Arce. Le principali difficoltà erano rappresentate dalle asperità del terreno e dagli innumerevoli ostacoli naturali che ritardavano l'avanzata dei mezzi corazzati, tanto da bloccare lo squadrone canadese di supporto, che dovette richiedere l'intervento dei genieri del Ronnie Denton Regiment. Dopo diverso tempo, gli irlandesi riescono a riprendere l'avanzata e, incontrati i canadesi a circa 5 Km da Ceprano, prendono posizione introno alla strada assieme all’Irish Regiment of Canada. Quello stesso giorno tuttavia, la formazione venne duramente colpita dal fuoco dell'artiglieria tedesca, riportando alcune perdite.

I tedeschi avevano, a questo punto, una sola possibilità di arrestare l'avanzata alleata. Attorno a Ceprano il fiume Liri procede da nord, in modo quasi parallelo alla S.S.82, mentre la Valle del Sacco continua attraverso Ceccano e prosegue verso Valmontone. Arce poteva essere avvicinata solo attraverso un terreno piuttosto accidentato e le posizioni difensive in questo punto e sulle due vie fluviali potevano proteggere la ritirata della XIV Armata tedesca, che si andava svolgendo proprio lungo le Statali 6 e 82. La sua difesa era quindi molto importante, perché tra l'altro si trattava di tenere aperta la via per Avezzano, lungo la quale doveva ritirarsi del LI Corpo Alpino tedesco. Nelle montagne di fronte al X Corpo d'Armata, i tedeschi iniziarono il loro programma di demolizione nella notte tra il 24 ed il 25 maggio, cosicché il giorno 26, le unità neozelandesi e quelle italiane del Corpo di Liberazione, ripresero l'avanzata lungo l'asse generale Atina-Sora-Avezzano con innumerevoli difficoltà. Era vitale mantenere libero questo settore il più a lungo possibile, onde permettere il ripiegamento delle varie unità provenienti dalla Valle del Liri ed infatti, con demolizioni oculate, campi minati ed azioni di retroguardia, le poche unità tedesche impegnate in tale compito assolsero molto bene all'ordine ricevuto.

Intanto, nei pressi di Monte Piccolo e Monte Grande, ad appena 7 Km da Ceprano, l'avanzata delle formazioni corazzate britanniche venne bloccata dai paracadutisti tedeschi del 1° Reggimento fino al 29 maggio, dopodichè questi si ritirarono e gli indiani poterono assicurarsi anche queste vitali posizioni. In quello stesso istante, i canadesi avevano già preso Ceprano e si stavano spingendo verso Pofi e Frosinone, dando definitivamente il via alla corsa verso Roma, la Capitale d'Italia, che sarebbe stata raggiunta il 4 Giugno 1944.

Il successo sarebbe stato più pieno se Clark avesse rispettato i dettagli del piano originale il quale, si ricorda, prevedeva simultaneamente allo sfondamento della Linea Gustav un attacco in forze dalla testa di ponte di Anzio in direzione dei Colli Albani. Se ciò fosse avvenuto ingenti forze tedesche sarebbero state prese in trappola in quanto si sarebbero trovate la via della ritirata sbarrata. Clark invece, ansioso di rispolverare il suo prestigio dopo le brutte figure rimediate a Cassino ed Anzio, deviò l'asse dell'offensiva delle sei Divisioni scattate da Anzio, dirigendole dritte verso Roma, dove entrò da trionfatore il 4 Giugno 1944, avendo subito premura di farsi fotografare sotto il cartello con il nome della Capitale d'Italia posto all'entrata della medesima. Così molti reparti tedeschi ebbero tutto il tempo di ritirarsi a nord di Roma e intraprendere la via dell'Italia settentrionale; quegli stessi reparti tedeschi Clark se li sarebbe trovati davanti sulla linea Gotica, dove le armate alleate sarebbero stateinchiodate per tutto l'inverno successivo. Due giorni dopo, il 6 Giugno 1944, avveniva lo sbarco in Normandia, operazione questa che rimane ancor oggi una delle più vaste mai organizzate tra le imprese militari. Il fronte italiano diveniva quindi secondario e, nei rinforzi così come nei rifornimenti, il nuovo fronte francese assorbiva tutto il meglio disponibile ed in quantità maggiore. Cassino venne quindi ben presto dimenticata, tanto da essere chiamata dai veterani Alleati che la combatterono "La vittoria amara", nel senso che tutti quegli sforzi e l'immane sacrificio di vite umane sarebbe stato giustificato solo nell'ottica di una penetrazione nella Germania nazista attraverso l'Austria, come voleva Churchill, e non attraverso la Francia, come invece Stalin aveva imposto a Roosevelt per alleggerire la pressione e la resistenza tedesca nell’Unione Sovietica.

Oggi la nuova Cassino sorge leggermente più in basso di dove era originariamente; i ruderi delle vecchie case distrutte sono stati lasciati, molti così com'erano dopo il terribile bombardamento, abbarbicati alla collina, rimanendo poco visibili in ragione del fatto che la natura, sottoforma di vegetazione, si è ripresa ciò che era suo. L'Abbazia, totalmente ricostruita ed oggi uno dei monumenti più visitati del mondo, sorge ancora lì, come una sentinella che vigila sulla vita della Città.

Chi oggi attraversa Cassino quasi stenta a rendersi conto di ciò che accadde in quei cinque lunghi mesi dell’inverno 1944 in quel luogo; eppure i segni sono innumerevoli, dai mezzi lasciati come monumenti e a monito per le generazioni future, ai vari cimiteri di guerra che sorgono nelle zone limitrofe. Ancora oggi, ogni anno, i reduci tornano a Cassino per commemorare i loro compagni caduti. tedeschi, inglesi, americani, francesi, neozelandesi, polacchi, tutti stavolta uniti amichevolmente nel ricordo, vengono a Cassino per rendere onore a chi, credendo in un idea giusta o sbagliata che sia, oppure solo per compiere il proprio dovere di soldato, diede la propria vita in quel duro e indimenticabile inverno del 1944.

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