Cronologia degli eventi

mercoledì 9 febbraio 2011

L' Eccidio di Cefalonia

Storia di una strage

"Spezzeremo le reni alla Grecia!". Con queste parole, il 15 luglio 1940, Benito Mussolini annunciò l’inizio della conquista della Grecia; ma di fronte ai disastri militari italiani, fu necessario l’intervento della Wermacht tedesca. Alla fine le forze dell’Asse riuscirono a conquistare Atene. L’isola greca di Cefalonia venne presidiata dalla divisione Acqui del comandante generale Gandin.
Il fronte della guerra è lontano. Fino al 1943 i soldati italiani non sparano un solo colpo d’arma da fuoco. Gli abitanti dell’isola imparano a conoscere un nemico dal volto umano.
Ma di lì a poco le cose sarebbero cambiate.
Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini rassegna le dimissioni e viene arrestato.
A capo del governo viene nominato il maresciallo Pietro Badoglio.
L’8 settembre 1943 Badoglio legge alla radio italiana il comunicato con il quale annuncia l’armistizio con gli anglo-americani:
"Il Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto l'armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane alleate.


La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".
A Cefalonia, un’isola greca nel mar Ionio, il messaggio di Badoglio crea un senso di sconforto, ma anche di gioia: ora, forse, la guerra è finita davvero. E' un'illusione. I soldati italiani non sanno più chi è il loro nemico: gli inglesi, gli americani, i francesi o i tedeschi?
Dopo l'armistizio dell'8 settembre, mentre la nazione è allo sbando, l'esercito di stanza nell’isola di Cefalonia,la Divisione Acqui, si trova di fronte all'ultimatum dei tedeschi: resa o fucilazione.
In seguito alla dissoluzione delle forze armate lasciate senza ordini dal re Vittorio Emanuele III nella sua fuga verso il Sud Italia in mano agli Alleati, a differenza della maggioranza delle altre grandi unità che, complice la situazione geografica e la vaghezza degli ordini, si arrendono ai tedeschi, la Acqui decide di resistere.
I tedeschi, per i quali comunque Cefalonia e Corfù avevano una rilevante importanza strategica, poiché controllano l'accesso al golfo di Corinto, decidono di prendere con la forza il controllo dell'isola dopo aver inviato un ultimatum al comando italiano, accompagnandolo con varie azioni belliche, come il disarmo di reparti e batterie isolati, e la presa di prigionieri italiani. Dapprima viene cercato un possibile accordo, che prevede il rimpatrio della divisione, ma ciò non rientra nelle eventualità previste dai tedeschi. Nel momento in cui questi ultimi cercano di occupare militarmente l'isola, si verifica una reazione armata da parte italiana, e le ostilità iniziano su larga scala.


L'isolamento della divisione Acqui

A Cefalonia non si hanno notizie fino alla sera dell’8 settembre, quando arriva un primo comunicato da Atene, sede del comando misto italo-tedesco, da cui dipendono tutte le divisioni italiane in Grecia.
Il messaggio, firmato dal generale Vecchiarelli, conferma quasi alla lettera il proclama di armistizio, precisando che:
"Se i tedeschi non faranno atti di violenza armata, gli italiani, non, dico non, rivolgeranno armi contro di loro, non, dico non, faranno causa comune con ribelli né con truppe anglo-americane che sbarcassero. Reagiranno con forza a ogni violenza armata".
Nella serata del giorno 9, dal comando di Atene giunge un secondo comunicato del generale Vecchiarelli, dal tono disfattista e collaborazionista verso i tedeschi e palesemente in contrasto con quanto annunciato in precedenza.


A Gandin, come agli altri comandanti di divisione, infatti, viene dato l'ordine di cedere le armi collettive e di trasferire il controllo del territorio ai reparti tedeschi: "Seguito mio ordine dell'8 corrente Stop. Presidi costieri devono rimanere attuali posizioni fino at cambio con reparti tedeschi non oltre però ore 10 giorno 10 Stop.
Pertanto una volta sostituite Grandi Unità si concentreranno in zone che mi riservo fissare unitamente a modalità trasferimento Stop.
Siano lasciati ai reparti tedeschi subentranti armi collettive et tutte artiglierie con relativo munizionamento Stop.
Consegna armi collettive per tutte Forze Armate Italiane in Grecia avrà inizio at richiesta Comandi Tedeschi at partire da ore 12 di oggi. Generale Vecchiarelli".
L'ordine chiaramente è stato dettato dai tedeschi, proprio perchè Cefalonia e Corfù erano di rilevante importanza.
Essi in poche ore avevano assunto il controllo del comando italiano in Grecia, mentre il senso di isolamento e di solitudine di fronte alla presenza ostile dei tedeschi si diffonde tra le divisioni italiane.
Gandin si rende conto che la situazione è drammatica; tra il 9 e l’11 settembre si svolgono estenuanti trattative tra Gandin e il tenente colonnello tedesco Barge, che intanto fa affluire sull’isola nuove truppe.


L'ultimatum tedesco: l'Acqui non si arrende

L’11 settembre arriva l’ultimatum tedesco, con l’intimazione a deporre le armi.
All’alba del 13 settembre batterie italiane aprono il fuoco su due navi da sbarco cariche di tedeschi.
Barge risponde con un ulteriore ultimatum, che contiene la promessa del rimpatrio degli italiani una volta arresi.
Gandin chiede allora ai suoi uomini di pronunciarsi su tre alternative: alleanza con i tedeschi, cessione delle armi, resistenza. In realtà l'ordine di resistere era arrivato dal comando supremo di Brindisi; ma Gandin vuole, comunque, verificare l'umore dei suoi soldati.
La mattina del 14 Gandin invia al comando tedesco la sua risposta definitiva: la divisione Acqui non accetta di consegnare le armi e decide di combattere.
Il 15 settembre comincia la battaglia, con drastici interventi degli aerei Stuka che mitragliano e bombardano le truppe italiane. Mercoledì 21 settembre i tedeschi entrano ad Argostoli, capoluogo dell'isola di Cefalonia. Nella stessa mattina, il generale Antonio Gandin dal suo quartier generale alza bandiera bianca. Ogni resistenza armata delle truppe italiane è cessata: la città di Argostoli distrutta, 65 ufficiali e 1.250 i soldati caduti in combattimento.
L’Acqui si deve arrendere e la vendetta tedesca sarà spietata. Il Comando superiore tedesco ribadisce che "a Cefalonia, a causa del tradimento della guarnigione, non devono essere fatti prigionieri di nazionalità italiana, il generale Gandin e i suoi ufficiali responsabili devono essere immediatamente passati per le armi secondo gli ordini del Führer".
La Wehrmacht a Cefalonia non farà prigionieri.
Il 24 settembre il generale Gandin viene fucilato alla schiena; migliaia di soldati italiani con i loro ufficiali sono sterminati dal tiro delle mitragliatrici. In tutto i soldati uccisi saranno 9700, tra cui 446 ufficiali e 3000 superstiti morti poi nel tentativo di fuga, in mare.
L’impresa della divisione Acqui giunge così al suo epilogo.
Da allora, il nome della divisione è legato indissolubilmente all'eccidio di Cefalonia da parte dei tedeschi.

La Divisione Acqui

Costituita come Brigata Acqui il 25 ottobre 1831, sciolta e ricostituita più volte, si ricostituisce nell'agosto 1939 come Divisione di Fanteria Acqui (33ª). Era articolata sui reggimenti 17° e 18° di fanteria e 33° di artiglieria. Nel 1940 si inserisce nell'organico la 18ª Legione d'assalto Camicie Nere e nel 1941 anche il 317° Reggimento Fanteria.
Dislocata prima in Piemonte poi in Albania, viene trasferita con compiti di presidio nelle Isole Ionie, ripartita tra Corfù, presidiata dal 18° Reggimento comandato dal colonnello Lusignani, e Cefalonia, in cui era acquartierato il resto.

Antonio Gandin (Avezzano, 1891 – Cefalonia, settembre 1943) è stato un generale dell’esercito italiano.

Laureato in lettere, frequentò l'Accademia Militare di Modena ed ottenne il grado di sottotenente nel 1910. Partecipò alla guerra italo-turca sul fronte libico tra il 1911 ed il 1912, diventato tenente, combatté la guerra contro l'impero austriaco nelle fila del 136° reggimento. Dopo la fine della Grande Guerra espletò importanti incarichi per conto del
Ministero della Guerra.
Fu generale di divisione nel Regio Esercito Italiano, ottenne una onorificenza tedesca durante i combattimenti dello CSIR, poi ARMIR, sul fronte russo.
Comandante della Divisione Acqui, fu fucilato dai tedeschi per non aver voluto accettare la resa incondizionata ed aver comandato, dopo una sorta di referendum tra i soldati, una caparbia e sfortunata resistenza contro gli stessi tedeschi che condusse all'Eccidio di Cefalonia.
Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Carriera militare:

1910 - Sottotenente, 82° reggimento di fanteria
1913 - Tenente, 136° reggimento
Settembre 1915 - Capitano
1917 - Maggiore
1935 - Colonnello, 40° reggimento di fanteria
Luglio 1940 - Generale di brigata
1943 - Comandante della divisione Acqui
(indietro)


I motivi della resa

Quando il comandante, generale Antonio Gandin, sentito il parere delle truppe componenti il presidio, pur cosciente della difficoltà a resistere senza una catena logistica alle spalle, contro un nemico padrone della terraferma e dell'aria, rifiutò l'ultimatum tedesco, inviò ripetute e pressanti richieste d'aiuto allo Stato Maggiore, che allora si trovava a Bari circa 200 km) ma venne quasi totalmente ignorato. L'unico a rispondere fu l'ammiraglio Giovanni Galati, comandante la piazza di Brindisi che dispose l'invio di due torpediniere, Clio e Sirio, stipate di viveri e munizioni, verso Cefalonia. Avuta notizia della partenza, il comando alleato ordinò perentoriamente di richiamare le navi, o in alternativa sarebbero state affondate da un raid aereo. In effetti, al momento la Puglia ospitava ingenti forze aeree alleate, soprattutto nella base di Amendola (Foggia), che avrebbero potuto tranquillamente contrastare l'azione aerea tedesca.
Nessun aereo alleato affiancò i soldati della Acqui. Dopo diversi giorni di combattimento, esaurite le munizioni e disarticolata l'unità dagli attacchi tedeschi, senza nessun appoggio da parte degli alleati (Brindisi, allora nell'Italia occupata dagli alleati, dista circa 100 km), avendo subito perdite elevate, il generale Gandin decise di capitolare. Esaurite le munizioni per l'artiglieria, distrutti vari reparti della divisione come unità combattenti organizzate e cessate le comunicazioni con i reparti superstiti, venne decisa la resa.

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