Alleato dei tedeschi e degli italiani l'impero del Sol Levante domina i Paesi dell'Est asiatico. Quando gli Stati Uniti cercano di frenarne l'espansione la situazione diplomatica si fa incandescente.
Piantata su un banco corallino in mezzo al Pacifico· e distesa come un mostruoso cetaceo al centro dell'arcipelago delle Hawaii, 1'isola di Oahu appare ancora addormentata nella chiara e silenziosa mattina del giomo festivo. A Honolulu, sulla spiaggia deserta di Waikiki, il barometro annuncia che questa domenica 7 dicembre 1941 sara una bella e tiepida giornata di sole: la temperatura e in leggero aumento, la pressione stazionaria, la nuvolosita nottuma tende a scomparire. Quindici chilometri piu a Ovest, nella stazione metereologica di Punta Kahuku che domina la base navale di Pearl Harbor, 1'orologio elettrico segna Ie 7,55, ora delle Hawaii: a Washington sono Ie 13,40, a Londra Ie 19, mentre a Tokyo, per il cambio intemazionale di data, e gia notte di un altro giomo, le 3,20 antimeridiane di lunedi 8 dicembre. E in questo preciso istante che gli aerei giapponesi, sbucati da un banco di nubi a Nord di Oahu, cominciano a bombardare Ie 96 navi della flotta americana del Pacifico all'ancora di Pearl Harbor. L'attacco proditorio -che trasforma il conflitto europeo in mondiale, coinvolgendovi 15 nuove nazioni e portando a 43 il numero totale dei Paesi belligeranti -conclude una lunga «guerra fredda» fra gli Stati Uniti e il Giappone e apre un altro vasto teatro di operazioni militari, quello del Pacifico. Ormai da tempo 1'impero del Sol Levante aveva bisogno di espandersi e si dibatteva nell'alternativa di acquisire nuove ricchezze o di essere travolto da una crisi economica e dal caos politico. Quattro anni di guerra con la Cina di Chang Kai-shek hanno dissanguato il Giappone: la miseria e diffusa; parecchi prodotti di essenziale necessita sono razionati;1'industria tessile, motore del Paese, lavora al 40-50 per cento delle proprie possibilita. Nel govemo dell'impero l'ala oltranzista rappresentata dai militari -e specialmente dall'esercito -sostiene la tesi di un immediato colpo di mano contro il Sud-Est asiatico. (Filippine, Indocina, Malesia, Indie Orientali) con i suoi mercati ricchi di riso, petrolio, bauxite, stagno, zinco, gomma, zuechero, tabacco. L'occasione per il primo passo 1'offrono, dall'Europa, le armate di Hitler che invadono la Francia Fulmineamente il Giappone occupa 1'lndocina francese che, un anno dopo, nelluglio 1941, entra a far parte integrante della sfera nipponica della «Coprosperita della Grande Asia Orientale». Nonostante le assicurazioni del premier giapponese principe Konoye al1'ambasciatore americano Grew
(<< •••11 mio govemo desidera che l'espansione nipponica verso il Sud-Est asiatico avvenga in maniera pacifica») Roosevelt conosce le vere intenzioni dei militaristi del Mikado perche dal1934 il «sistema Magic», impiegato dalla Marina statunitense, e in grado di decifrare il codice segreto giapponese (e continuera a farlo fino alla fine della guerra). Da dieci mesi, pero, la Marina nipponica, la piu potente del mondo (10 corazzate, 10 portaerei, 35 incrociatori, 111 caccia, 64 sottomarini) si prepara con cura a vibrare, non appena sara necessario, il colpo mortale agli Stati Uniti. L'ideatore di questa operazione e il piu famoso e ascoltato ammiraglio giapponese, il cinquantasettenne Isoroku Yamamoto, capo delle Flotte Riunite, che ha perduto due dita della mana sinistra nella battaglia di Tsushina ed e sostenitore di una strategia semplice e brutale: distruggere completamente la flotta avversaria mediante la sorpresa e mediante la supremazia nei cieli, conseguita attraverso 1'impiego delle portaerei. Se questo obiettivo sara realizzato il Giappone creerà nel Pacifico -fra Ie Curili, Wake, le Marshall, Ie Bismarck, Timor, Giava, Sumatra, la Malesia e la Birmania -un solido «perimetro difensivo e 10 fortificherà con basi militari, porti avanzati e una forza mobile d'assalto dotata di corazzate e portaerei. Il «perimetro difensivo» sara un cerchio di ferro e di fuoco che neppure gli Stati Uniti, al massimo della potenza, potranno mai infrangere per cui, prima o poi, dovranno giungere a un compromesso e «permettere ai giapponesi di tenersi una parte notevole dei territori occupati». Cosl il 10 novembre, in previsione del kishu-seiko, 1'attacco di sorpresa, la «forza speciale» giapponese muove dalle grandi basi di Kure e di Hiroshima: le navi, isolatamente o in coppia, con rotte variate e differenti per non allarmare lo spionaggio, risalgono al Nord verso 1'Arcipelago delle Curili, gia coperto di neve e spazzato dai gelidi venti artici. Il 22 novembre, nella baia deserta di Hitokappa, e concentrata la potente flotta nipponica: il gruppo d'assalto del1' ammiraglio Nagumo forte di sei portaerei (che complessivamente hanno a bordo 432 apparecchi: 39 caccia, 40 di iserva e 353 destinati ali'attacco), il gruppo d'appoggio dell'ammiraglio Mikava con due corazzate e due incrociatori pesanti; il gruppo esplorante dell'ammiraglio Omori con un incrociatore leggero, nove cacciatorpediniere e 28 lommergibili, (di cui cinque «tascabili») e il gruppo di rifornimento con otto petroliere. La mattina del 26 1a flotta parte in direzione di Levante e, affrontando Ie zone di maltempo ma di scarso traffico mercantile, punta da Nord su Pearl Harbor. Sulla portaerei Akagi l'ammiaglio Nagumo attende dalla radio il messaggio in codice (Niitaka Yama nobora», «Scalate il monte Niitaka»), che è l'annuncio che Ie trattative diploatiche con gli Stati Uniti sono state rotte e ha prevalso l'alternativa della guerra, «immediata e fulminea». Attraverso piovaschi, vento freddo e nebbia la flotta giapponese avanza verso l'obiettivo. Le portaerei sono su due file, precedute da sette cacciatorpediniere e seguite dalle cisterne, ai fianchi la protezione dei sommergibili delle corazzate e degli incrociatori. E una marcia lenta ed estenuante, in mezzo all'oceano in tempesta, che strappa gli uomini dalla coperta delle navi e li ingoia lunedi 10 dicembre, alle 13, la radio dell'Akagi capta le quattro parole attese: «Scalate il monte Niitaka». Significa che la macchina bellica giapponese s'e messa in moto ovunque. Lontana migliaia di chilometri la flotta da sbarco diretta ad Hong Kong sta avvicinandosi alia meta; altre truppe, destinate a occupare Malesia e Filippine, cominciano a imbarcarsi. L'indomani, martedi 2, l'ammiraglio Nagumo rivela agli equipaggi lo scopo del viaggio e l'entusiasmo sale alle stelle: «Banzai!». Due giorni dopo, giovedi 4, attraverso una spia che opera a Honolulu, il dentista giapponese dottor Motokazu Mori, Nagumo apprende che la base di Pearl Harbor non ha ancora installato i palioni frenati e Ie reti antisiluro ricevuti di recente dagli Stati Uniti. il comandante delle operazioni aeree, capitano di vascello Fuchida, e avvertito che non appena sara con i suoi uomimi sulla rada nemica -rompera il silenzio radio per dare l'annuncio con una parola che dice: «La tigre va lontano due mila miglia e ritoma infallibilmente». Ora l'Akagi inalbera il vessillo che l'ammiraglio Togo, il 21 maggio 1905, issa sulle navi giapponesi prima di distruggere i russi a Tsushima E la mattina di domenica 7, nelle prime luci dell'alba, la «forza speciale» nipponica giunge in posizione d'attacco, a 275 miglia a Nord, di Oahu, 26° di latitudine Nord e 158° di longitudine Ovest. I piloti, che hanno cambiato biancheria e avvolto il capo nella hashamaki, la sciarpa dei samurai, pregano silenziosi dinanzi alle pallide fiammelle degli altarini scintoisti, poi si dirigono agli aerei che gill rombano sui ponti di Yolo. Sono le 6, il sole sta sorgendo. A Washington nessuno pill spera nella pace. La decifrazione del codice giapponese permette di seguire momento per momento gli eventi ehe precipitano verso la guerra specie dopo ehe il segretario di Stato, Hull, ha posto ai nipponici condizioni praticamente inaccettabili: rottura del Patto tripartito con Germania e ltalia, evacuazione della Cina e dell'Indocina, riconoscimento di Chang Kai-shek. Tuttavia nessuno sembra intuire l'eventualita di un attacco improvviso.
Eppure, nel gennaio 1941, il ministro della Marina, Knox, l'ammiraglio Belinger e il generale Martin lo avevano previsto con sconcertante chiarezza in una serie di rapporti.: «... La nostra base delle Hawaii può subire un attacco di sorpresa... mattutino... tra un sabato e una domenica.. con l'impiego di sei portaerei (giapponesi)... e un'azione sottomarina... ehe precedera la diehiarazione di guerra. I pericoli, in ordine di probabilita, sono i seguenti: bombardamento aereo, attacco di aerosiluranti, sabotaggio, cannoneggiamento...». A Pearl Harbor vige tuttora il servizio di pace, non si fanno ricognizioni aeree, si limita il servizio radar fra Ie 4 e Ie 7 del mattino, si tengono d'occhio distrattamente i 100 mila residenti giapponesi dell'arcipelago e il comandante dello scacchiere, ammiraglio Husband Kimmel, proibisce Ie «consegne di emergenza» e l'innalzamento dei palloni frenati per non allarmare la popolazione civile. «Non dobbiamo avere timori» aveva detto il generale George Marshall. «Noi consideriamo Pearl Harbor come la sola base ragionevolmente equipaggiata». L'arcipelago, infatti., dispone per la sua difesa di nove corazzate, tre portaerei, dodici inerociatori pesanti e nove leggeri, 27 sommergibili, due divisioni di fanteria (43 mila uomini), 1107 pezzi contraerei terrestri imbarcati e 227 aerei di cui 152 da caccia. Cosi, quando alle 7,40 della domenica 7 dicembre il soldato di seconda classe George Elliott, ehe zelantemente s'e trattenuto oltre l'orario al servizio radar di Punta Kuhaku, segnala allarmatissimo alla base d'aver rilevato, «numerosi aerei a 132 miglia», l'uffieiale di guardia al comando, tenente Kermit Tyler, gli risponde annoiato con una frase destinata a divenire tragicamente celebre: «Forget it», «Dimenticatene».
Giuseppe Mayda
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