Ministri e generali gli riconoscevano attributi divini, ma non lo consultavano sulle decisioni più importanti. A parte alcune esagerazioni, che miravano a scagionarlo agli occhi degli americani per l'attacco proditorio, risulta che molte scelte furono prese contro la sua volonta
Sua Maesta Imperiale Hirohito, centoventiquattresimo imperatore d'una dinastia ininterrotta per 2599 anni e primo dei tre maschi del ·l'imperatore Taisho e dell'imperatrice Sadako, nacque a Tokyo, nel palazzo di Togu-gosho, che sorgeva al centro del quartiere sacro di Akasaka, alie 22,10 della piovosa serata del 29 aprile 1901. Piccolo, gracilissimo, intelligente, timido e introverso (gli stessi, identici caratteri psicofisici di un re salito in questi mesi al trono, Vittorio Emanuele II) fu un ragazzo attento, studioso e soprattutto pacifico: malgrado avesse per capo dei suoi tutori e istruttori l'eroe nazionale ammiraglio Togo, vincitore di Tsushima, dedico tutta la sua passione di allievo ai trattati di biologia e di fauna marina, alle piante selvatiche e ai funghi preferendo alla lettura di testi di strategia militare e di scienze politiche comporre poesie come questa: 'Tranquillo / e il mattino / nel giardino del tempio: / speriamo / che anche il mondo / diventi cosi/ tranquillo". Il Mikado Hirohito -morto a Tokyo il 7 gennaio scorso -non fu amato. La Corte di Tokyo diffidava di lui perchè era "scettico", perche parlava poco, percchè non si lasciava convincere facilmente e anche perchè l'imperatrice Nagao, che egli aveva sposato nel '24, non riusciva a dargli un erede maschio (ebbero sei figli, quattro femmine e due maschi, e un'altra femmina visse per pochissimi mesi nel '28). Con la crisi economica giapponese del '26 e l'insanabile contrasto esploso fra civili e militari -contrasto aggravato in quell'anno stesso dalla decisione di Washington di proibire l'immigrazione negli Stati Uniti dei lavoratori asiatici -Hirohito fu sempre più solo: il suo regno, ormai dominato dai militari, si avvio verso un baratro di mostruoso imperialismo. Molti biografi concordano nel ritenere che Hirohito fu un fantoccio nelle mani dei militari, specie di quelli dell'esercito. Sicuramente si lascio piu volte ingannare dai suoi consiglieri tanto che lui stesso, in seguito, confessenl di «non aver capito e di non aver gridato ». Tuttavia, aiutato dalla Marina, tentò di ostacolare la realizzazione dell'Asse Berlino-Roma-Tokyo e il gabinetto si riunì per settanta volte in sei mesi, durante il '39, senza che l'esercito riuscisse a far prevalere Ie sue tesi pili bellicose e quando alia vigilia della guerra agli Stati Uniti il feldmaresciallo Sugiyana si recò dall'imperatore per garantirgli l'occupazione di tutta I'Asia del Sud in meno di tre mesi Hirohito lo contestò con severita: «Questo e esattamente quello che voi generali mi diceste quando scoppio il conflitto con la Manciuria. Mi assicuraste che avreste liquidato l'affare in tre mesi. Ci vollero quattro anni. Debbo supporre che agirete così anche stavolta? Lo stesso attacco a Pearl Harbor se stiamo alle conclusioni di storici quali Toland e Cartier -gli fu presentato come una normale operazione ma quando seppe che, in realta, la dichiarazione di guerra era stata consegnata al govemo di Washington dopo il blitz su Pearl Harbor, si indigno e la sua condanna fu immediata ed esplicita: «L'onore del Giappone e irrimediabilmente macchiato. Ma c'e anche di piu. Roosevelt, nelle ore cruciali dell'inizio del dicembre '41, aveva inviato ad Himhito un estremo appello, un telegramma in cui lo esortava a non iniziare le ostilita. Quel telegramma, come sappiamo, non giunse mai a destinaziune, per colpa della burocrazia (e della politica) statunitense e nipponica: ma nel dopoguerra -ricevendo il pastore metodista americano Stanley Jones -l'imperatore gli disse francamente che «se avessi ricevuto il cablogramma del presi· dente Roosevelt anche soltanto il giorno prima avrei bloccato l'attacco. Come confesseri in seguito, ancora prima che finisse il '42 Hirohito si convinse che la guerra, nonostante Ie sfolgoranti vittorie giapponesi nel teatro del Pacifico, era ormai perduta. Tuttavia non gli fu possibile tomare indietro perche contro il suo desiderio di pace vi fu tutto il Giappone, fiducioso nella vittoria finale in nome del culto dell'imperatore. Fu, insomma, vittima della propria essenza "divina". Quando poi all'inizio dell'agosto '45 esplosero le atomichesu Hiroshima e Nagasaki Hirohito venne tenuto all'oscuro della straordinaria potenza devastatrice di quelle bombe e lo apprese soltanto per caso da un ministro che "tradì" Ie consegne e per questo poi si tolse la vita.
Così il 10 agosto l'imperatore convoco il gabinetto nel rifugio antiaereo del suo palazzo e, malgrado Ie resistenze degli oltranzisti, madido di sudore, balbettando imbarazzato sottovoce, annuncio: «Credo fermamente che continuare la guerra non porti al Paese che ulteriori, gravissime distruzioni. Ho vagliato i termini della proposta alleata per la resa e ho concluso che sono accettabili». Interrompendosi spesso,Hirohito parlo del dramma degli ufficiali e dei soldati e della tragedia della patria patria occupata dagli anglo-americani ma aggiunse: «Io non sopporto piu che il mio popolo soffra ulteriormente)). Quando pronuncio queste parole, l'imperatore piangeva e con lui piangevano parecchi ministri, ma all'improvviso lascio brusco la sala, sali sull'auto con un solo accompagnatore e ando alla sede della radio dove incise su un disco l'appello al popolo. Così, a mezzogiomo meno un minuto del 14 agosto '45, i cittadini dell'impero ascoltarono -in. una lingua arcaica ed ieratica, enormemente diversa dal giapponese corrente -l'invito ad arrendersi: era la voce del Mikado, la viva voce -mai udita prima -dell'imperatore. Il 10 settembre '45 il Giappone si arrese Hirohito e la sua famiglia scomparvero praticamente dalla scena. A Tokyo si insedio il comando militare e civile americano per I'Estremo Oriente e fu promulgata la nuova Costituzione del Paese che instaurava la democrazia e suggeriva al Mikado di rinunciare definitivamente alla propria essenza "divina":
l'imperatore -che all'indomani del crolla militare si era presentato al comando americano in tight chiedendo di essere considerato il primo "criminaIe di guerra" del Giappone e di essere punito di conseguenza -non esitò un attimo ad accettare. AI generale Mac Arthur, che in pratica si era assiso sul suo trono, disse: «Nessuno, fuori del Giappone, ha moo creduto a una sciocchezza del genere)). Da quel momento i giapponesi si abituarono a non considerarlo piu un dio e finalmente Hirohito pote vivere la sua vita: occuparsi di biologia marina di cui era sempre stato un appassionato studioso (e negli Anni Settanta pubblichera un libro sull'argomento), assistere fra la folla agli incontri di lotta, studiare molluschi, coltivare il riso da offrire alle anime degli avi e visitare il Paese: in abiti borghesi, per 10 piu a bordo di una "Packard" color nocciola e piuttosto vecchiotta, comincio a compiere viaggi da un capo all'altro del regno, scendendo nelle miniere, ispezionando i porti e le flotte pescherecce. Copiando dai presidenti degli Stati Uniti, volle anche lanciare la prima palla alle finalissime di baseball. Ma il ricordo delle tempestose vicende della sua lunga vita -perche nessun altro personaggio di questo secolo passo come Hirohito fra i minimi e i massimi della fortuna e del prestigio -non lo abbandono mai: «Maesta -gli fu chiesto durante i festeggiamenti per il suo ottantacinquesimo
compleanno -ora lei e felice?)). «I rimorsi -rispose Hirohito e fu forse questo il suo testamento -durante tutta la vita».
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