Cronologia degli eventi

venerdì 21 gennaio 2011

Guerra ad ovest

linea maginot fortificazioni
Mentre la difesa polacca viene frantumata sotto i colpi della Wehrmacht, sul fronte occidentale i belligeranti si scrutano, si scambiano minacce, ma non si affrontano. Al silenzio dei cannoni si contrappongono le chiassose iniziative politiche di ciascun Paese Sul fronte occidentale, nell'autunno del 1939, tedeschi da una parte e anglo·francesi dall'altra si fronteggiano ma non combattono.
Questa strana guerra diventa così la drole de guerre per i francesi che adottano la definizione coniata da Roland Dorgelès, corrispondente di Gringoire dal fronte; la phoney war, la guerra falsa, finta, bugiarda; fatta con gli altoparlanti e la propaganda, per gli inglesi; la sitzkrieg, la guerra che si fa stando seduti, per i tedeschi; la guerra fasulla per tutti gli altri in Occidente, compresi gli italiani. Così, mentre Hitler ripete vanamente le sue offerte di pace, ad occidente non c'è niente di nuovo. Gli alleati sono al riparo della più potente linea fortificata del mondo, la Maginot, situata in media una dozzina di chilometri all'interno del territorio francese: dentro, da Basilea a Sedan, vi sono 24 divisioni scelte, ognuna delle quali ha un gruppo di esplorazione dotato diun paio di battaglioni. Questa debole copertura forma una linea di postazioni di sicurezza, molto avanzate, che sono le uniche a diretto contatto col nemico: alla tacita tregua che gli eserciti si concedono fanno eccezione due settori, quello di Alpach, vicino alla frontiera del Lussemburgo, e la tormentata regione a sud di Forbach. Lì i tedeschi compiono rapide puntate catturando mitragliatrici e mortai, e spesso occupando qualche posizione; i francesi tendono imboscate nelle quali solo di rado il nemico cade. Lo mostrano le proporzioni: se i francesi fanno cento prigionieri, i tedeschi ne catturano tremila. Per il resto è tutto calmo. Le troppe avversarie, che si scorgono perfettamente, lavorano a costruire fortificazioni o postazioni di cannoncini e mitragliatrici. Lo storico William L. Shirer scrive che una volta, dalla parte tedesca, vide alcuni soldati della Wehrmacht applaudire a una partita di calcio che i francesi disputavano sull'altra riva del Reno. «Aprire il fuoco contro le squadre di lavoro tedesche? E chiaro che i tedeschi risponderebbero sparando sulle nostre» dice Gamelin al colonnello Goutard, ribadendo la proibizione assoluta di sparare sul nemico.

 L'unica anna veramente usata è quella della propaganda. Con megafoni, altoparlanti, grandi cartelli (e anche con volantini lanciati di notte dagli aerei) i tedeschi ripetono in continuazione agli avversari che è assurdo voler «morire per Danzica, per i polacchi, per gli inglesi». Più volte al giorno, gli altoparlanti tedeschi trasmettono m"sica allegra seguita da uno slogan ossessionante: «Non sparate! Se voi non sparerete, non lo faremo neanche noi!». In risposta, i francesi inalberano striscioni sui bunker con frasi di intesa. L'opinione degli alti comandi -e del governo -è che resisterà a ogni attacco, che «la Maginot è imprendibile». Protetti da due metri di cemento armato i soldati francesi si convincono che in questa guerra non c'è bisogno di soffrire. TI cibo è buono e lavita confortevole.
Di fronte, c'è la linea Siegfried, analoga quasi in tutto e per tutto alla Maginot. Ma non si spara. Troppa e ufficiali impigriscono, si abbandonano al più placido degli attendismi. Nessuno pensa a ordinare esercitazioni militari, anche se, soprattutto fra i richiamati, molti soldati non hanno mai avuto occasione di tirare un solo colpo. Dietro le linee, invece, da Parigi, arrivano gli spettacoli d'evasione per i militari, si moltiplicano le licenze per la truppa. Quando Hitler finalmente attaccherà, ben più a nord, un terzo dei difensori della Maginot risulterà a casa, in vacanza lontano vacanza lontano a& Ironte. La Maginot l'avevano voluta i generali francesi nel 1929,quando,evacuata la Renania, la Francia era venuta a tr0varsi di nuovo a confinare col pericoloso e secolare nemico. L'aveva fatta realizzare, dal 1930 al 1935, con una spesa di 4 miliardi e mezzo di franchi di allora il ministro della Guerra Maginot, morto al banchetto di capodanno del 1932, avvelenato daostriche guaste. C'erano voluti dodici milioni di metri cubi di sbancamenti, un milione e mezzo
di metri cubi di cemento armato. centocinquantamila tonnellate di acciaio, quattro cento cinquanta chilometri
di strade e ferrovie di servizio. Ma nel costruirla si era tenuto conto del parere espresso da Pétain nel 1927, davanti alla commissione per la difesa delle frontiere: «Da Montmédy cominciano le Ardenne, e queste foreste sono impenetrabili come se vi avessimo realizzato delle opere speciali. Se il nemico ci si avventura, lo bloccheremo all'uscita delle foreste». Ecco perché la lunga linea di difese fortificate che corre dalla Costa Azzurra fino al Belgio, s'interrompe all'altezza delle Ardenne. Quanto al confine col Belgio, non è fortificato perché non si vuoIdare l'impressione al piccolo paese vicino che verrà abbandonato in caso di bisogno.

 I francesi, se il Belgio neutrale verrà attaccato perla seconda volta in poco più di vent'anni, accorreranno a difenderlo. Dunque non occorrono fortificazioni. In Inghilterra la situazione è diventata politicamente insostenibile. La popolazione è irritata per i disagi che le vengono imposti a causa d'una guerra dichiarata ma che non si comincia mai a combattere. Pancetta, burro e zucchero sono razionati dal gennaio, e i massicci sfollamenti decretati dalle autorità hanno messo drammaticamente in contatto fra loro strati sociali diversissimi. I ministeri vitali sono trasferiti lontano da Londra, provocando malcontento fra impiegati e funzionari che non possono farsi seguire dalle famiglie e chiedono indennità per le maggiori spese, mentre nelle grandi case patrizie di campagna e nelle ville da week- end vengono installati donne e bambini provenienti per la maggior parte dagli squallidi sobborghi industriali delle città. Una miseria impensabile mostra il suo volto, per la prima volta nell'impero più potente del mondo, confrontandosi con la ricchezza di chi può ancora pubblicare sul Times inserzioni così concepite: «Cercasi domestico maggiordomo e cuoca (coniugi), Surrey, l0 persone di servizio, 160 sterline)). La popolarità e la credibilità del Prima ministro Neville Chamberlain, poi, sono in declino. Erano entrambe altissime nel 1938, dopo l'accordo di Monaco con Hitler. Ma ora finalmente si è capito: quella di Monaco è stata una disfatta. Chamberlain si è lasciato ingannare dal dittatore nazista. Eppure nel dicembre del 1939 un sondaggio Gallup che invitava a scegliere fra Chamberlain e Churchill, dava al Primo ministro quasi i due terzi delle preferenze. Anche Churchill aveva avuto modo di rendersi conto del cieco affidamento che facevano i francesi nella Maginot. Eppure, neanche Churchill, all'inizio, fa nulla per modificare questo stato di cose. S'impegna invece in operazioni diversive come la campagna di Norvegia («Un esempio di superficiale dilettantismo » la definì Hitler), che rischia di diventare la sua seconda Gallipoli. Ma Churchill riesce a defilarsi e, anzi, l'ombra della disfatta si proietta su tut· to il governo, non solo sulla marina per una volta rivelatasi impotente. Il sondaggio Gallup di marzo dava ancora il 75% degli inglesi favorevoli al governo. Quello dei primi di maggio, dopo la Norvegia, rivela che solo il 32% della popolazione è ancora con Chamberlain: il 58% gli è contro. «Il governo deve cadere!» esclama Leopold Amery, il leader ribelle dei conservatori. Cominciano le grandi manovre alla Camera dei Comuni. E lo stesso Amery a pronunciare il discorso decisivo. Citando Cromwell, dice: «le vostre truppe sono in gran parte formate da vecchi servi malandati, da tipi da osteria. Da tempo sedete su questi banchi, qualunque sia il bene che avete potuto fare. Andatevene e che sia fmita con voi». Ma l'avvicendamento al vertice del governo britannico avviene solo il giorno dell'attacco tedesco in Belgio, Olanda e Lussemburgo: il 10 maggio.

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