È la SS che riprende l'istituzione, tipicamente nazista, dei «campi di concentramento». Aperti dapprima per i tedeschi ostili al regime, teoricamente per rieducarli, in effetti per impedirgli di nuocere, i campi si moltiplicarono dopo l'apertura del conflitto; essi divennero città internazionali di molte decine di migliaia di abitanti loro malgrado, mondi chiusi dove si instauravano una gerarchia sociale, un'economia chiusa, vere fabbriche di morte. Tredici grandi campi si disperdevano in migliaia di kommandos, dove la SS impiantava le proprie imprese. I campi delineavano forse «l'ordine» che i nazisti destinavano al mondo dopo la loro vittoria; fecero milioni di vittime. Alcuni tra loro -il complesso di Auschwitz-Birkenau soprattutto -erano riservati agli ebrei. Verso questi l'odio dei nazisti non conosceva limiti. L'ebreo era, nella loro propaganda, dotato di tutte le tare, fisiche, intellettuali e morali. Essi denunciavano nell'ebraica «accozzaglia» il creatore del capitalismo, della democrazia e del bolscevismo; l'ebreo doveva essere estirpato come un genne di disgregazione delle nazioni -«l'antirazza». In nome di questa condanna metafisica, gli ebrei furono umiliati, esclusi dalla comunità sociale, spogliati con il sistema dell'«arianizzazione delle aziende», chiusi nei ghetti in Europa orientale e avviati verso campi specializzati dove venivano sterminati in massa -sei milioni di loro furono così assassinati
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