Cronologia degli eventi

venerdì 7 gennaio 2011

Il collaborazionismo

Nei paesi occupati, i vincitori proclamano la loro volontà di instaurare un «ordine nuovo»; per ideologia, opportunismo o venalità, si formano gruppi i cui capi affermano la loro volontà di integrarsi. Sono i collaborazionisti. L'Italia non ne aveva reclutati molti, ad eccezione che nelle colonie abbastanza numerose di emigrati nella Francia meridionale o in Tunisia, che gli ex consoli avevano cercato di irreggimentare; in Corsica fu uno scacco completo -il pugno di partigiani di una Corsica italiana restarono prudentemente in Italia; i loro compatrioti li avrebbero fatti a pezzi.
La Germania nazista riportò più ampi successi. Fece accordare ovunque uno statuto privilegiato alle colonie di VoJkdeutsche disseminate in Ungheria, Romania, Slovacchia e Croazia; in pratica, questi tedeschi di origine ebbero una doppia nazionalità; essi conservavano la loro lingua, si univano dietro un capo che riconosceva Hitler come suo FUhrer, si amministravano anche, e volgevano a volte le tasse a loro profitto.
Nei territori occupati, la propaganda nazista era particolarmente abile e tenace. Si esercitava in tutti i modi, stampa, libri, cinema, ma soprattutto radio; le biblioteche erano sottoposte a un processo di epurazione, venivano organizzati cicli di conferenze così come concerti, esposizioni, o rappresentazioni teatrali. Malgrado qualche rivalità dei servizi, erano in definitiva i metodi inaugurati in Germania da Goebbels ad essere applicati con successo. Mentre una censura puntigliosa e sempre in agguato si sforzava di bloccare ogni deviazione, gli stessi slogan erano ripetutiall'infmito: nocività dei comunisti, delle democrazie liberali, dei massoni e degli ebrei; condanna del capitalismo; affermazione della superiorità.del socialismo fascista, «portato dalla ,storia»; promesse di pace e di prosperità in un'Europa infme riconciliata sotto la ferula tedesca, ecc. Fin quando durarono le vittorie della Wehrmacht, questa propaganda portò i suoi frutti; in seguito non potrà più granché contro la realtà dei fatti. Gruppi di collaborazionisti si costituirono un po' dappertutto -salvo in Polonia e in Unione Sovietica, dove la durezza sistematica dell'occupazione realizzò l'unaniniità della popolazione contro l'occupante, a dispetto delle tendenze separatiste delle minoranze allogene. Per la maggior parte erano movimenti fascisti che esistevano già prima della guerra, ma il numero dei loro aderenti si accrebbe; oppure -questo fu il caso del «Partito popolare francese» -divennero filotedeschi; altri furono creati grazie ai sussidi
tedeschi. Questi gruppi scimmiottavano il nazismo, copiavano i suoi riti e le sue cerimonie ma fornivano anche accoliti alle polizie tedesche per i loro bassi servizi. In Norvegia, Quisling fu anche installato al potere; altrove, i tedeschi preferivano, più spesso, tenere i loro collaboratori di riserva per fare pressioni sulle autorità del luogo. Fu il caso della Guardia di ferro nella Romania di Antonescu o, in Francia, dei gruppi della zona Nord occupata in rapporto al governo di Vichy. In generale, altrove, salvo forse nelle Fiandre e in Croazia, questi gruppi di collaborazionisti non riuscirono a riunire grandi masse di aderenti; la maggior parte dell'opinione pubblica li ignorava o li disprezzava. Il Giappone aveva potuto servirsi anche di suoi cittadini residenti all'estero che, come commercianti e industriali, vivevano già nei paesi conquistati; la spinta dei nazionalismi indigeni, suscit~ta dalla sua vittoria, l'aiutò. In Cina aveva creato, a Nanchino, un governo rivale di quello di Chang Kai-shek, che preconizzava l'integrazione della Cina nella nuova Asia; per sollevare l'India, utilizzò un militante del partito del Congresso, Chandrah Bose che, contrariamente a Nehru e a Gandhi, voleva profittare delle disgrazie degli inglesi per cacciarli; un piccolo esercito di volontari, arruolati tra gli indiani prigionieri di guerra, fu equipaggiato dai giapponesi.

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