L'impero giapponese, battezzato ora la «Grande Asia giapponese», ora la «sfera della coprosperità», a seconda che l'accento fosse messo sulla vittoria nipponica o sulla cooperazione dei popoli «liberati», si. estendeva su tutto il litorale dell'Asia orientale, dalla Manciuria a' Rangoon; comprendeva tutti gli arcipelaghi del Pacifico occidentale, fmo alle isole Aleutine e alla Nuova Guinea; la sua superficie, terre mari, era uguale all'ottava parte del globo, I giapponesi credevano nella loro missione storica; spettava loro dimostrare che un popolo di colore era superiore alla razza bianca, di cui aveva saputo utilizzare la scienza la tecnica, pur conservando la sua innata originalità. In seguito avrebbe guidato gli altri popoli colonizzati sulla via della libera zione e del progresso. A questo fine, d'altronde, sforzi erano già stati tentati prima della guerra per collocare sotto la bandiera nipponica . nazionaiismi nascenti; dopo la conquista furono istituiti un «Consigli della Grande Asia», poi un ministero -con la prospettiva di un'am ministrazione diretta, altrimenti di annessioni.
Nell'immediato, i giapponesi sono presi nella stessa contraddizione dei tedeschi. Occorre difendere il loro impero e valorizzarlo al servizio della loro economia di guerra. Grazie ad esso, in effetti, questa economia possiede ormai le risorse di energia e le materie prime che prima le mancavano e che una guerra lunga rende ancora più necessarie: carbone, ferro, petrolio, stagno, gomma. I territori conquistati restavano dunque sotto l'autorità militare; la dualità marina-esercito,e la gelosa autonomia di ogni comando nel proprio teatro di operazini intralciavano una direzione complessiva a partire da Tokyo. In mancanza di tempo, di capitali e di tecnici, i giapponesi erano incapaci di sviluppare le risorse dei paesi conquistati; essi si accontentarono di sostituire sia nel bene che nel male i colonizzatori europei e di procedere a uno sfruttamento il più possibile profittevole per loro. Infme essi non erano esenti da un certo complesso di superiorità, che li portava in parte a disprezzare le popolazioni che avevano «liberato».
Di conseguenza era grande la tentazione di imporre la legge giapponese, con l'obbligo della lingua, dei costumi, dei prodotti, persino della religione: i giapponesi vi soccombettero spesso e, agli occhi delle, élites indigene, fecero la figura di nuovi colonizzatori, non più amati' dei loro predecessori. L'avvenire della «Grande Asia giapponese» e' altrettanto incerto di quello dell'Europa tedesca. Una cosa era certa: la Cina era troppo grande per il Giappone; non poteva occuparla, né con quistarla interamente; una grande parte gli rimase sempre inaccessibi le. L'influenza giapponese è totale solo in Manciuria, divenuta uno Stato satellite, teoricamente indipendente. Altri paesi sono chiamati. in linea di principio, a ricevere uno statuto analogo; la Birmania e le Filippine nel 1943, gli Stati malesi e le Indie olandesi alla fine del conflitto. Borneo e la Nuova Guinea saranno puramente e semplicemente delle colonie.
La fedeltà dell'alleato siamese è compensata da annessioni ai danni della Cambogia. Ma in Indocina, il Giappone conserva, per sua comodità, l'amministrazione francese, almeno sino al 1945. In tal modo sussiste un colonialismo europeo ambiguo. Quanto all'India sembra che i giapponesi non l'abbiano giudicata abbastanza matura per autoamministrarsi; in ogni modo, durante il conflitto, essa resta fuori della loro portata.
Nell'immediato, i giapponesi sono presi nella stessa contraddizione dei tedeschi. Occorre difendere il loro impero e valorizzarlo al servizio della loro economia di guerra. Grazie ad esso, in effetti, questa economia possiede ormai le risorse di energia e le materie prime che prima le mancavano e che una guerra lunga rende ancora più necessarie: carbone, ferro, petrolio, stagno, gomma. I territori conquistati restavano dunque sotto l'autorità militare; la dualità marina-esercito,e la gelosa autonomia di ogni comando nel proprio teatro di operazini intralciavano una direzione complessiva a partire da Tokyo. In mancanza di tempo, di capitali e di tecnici, i giapponesi erano incapaci di sviluppare le risorse dei paesi conquistati; essi si accontentarono di sostituire sia nel bene che nel male i colonizzatori europei e di procedere a uno sfruttamento il più possibile profittevole per loro. Infme essi non erano esenti da un certo complesso di superiorità, che li portava in parte a disprezzare le popolazioni che avevano «liberato».
Di conseguenza era grande la tentazione di imporre la legge giapponese, con l'obbligo della lingua, dei costumi, dei prodotti, persino della religione: i giapponesi vi soccombettero spesso e, agli occhi delle, élites indigene, fecero la figura di nuovi colonizzatori, non più amati' dei loro predecessori. L'avvenire della «Grande Asia giapponese» e' altrettanto incerto di quello dell'Europa tedesca. Una cosa era certa: la Cina era troppo grande per il Giappone; non poteva occuparla, né con quistarla interamente; una grande parte gli rimase sempre inaccessibi le. L'influenza giapponese è totale solo in Manciuria, divenuta uno Stato satellite, teoricamente indipendente. Altri paesi sono chiamati. in linea di principio, a ricevere uno statuto analogo; la Birmania e le Filippine nel 1943, gli Stati malesi e le Indie olandesi alla fine del conflitto. Borneo e la Nuova Guinea saranno puramente e semplicemente delle colonie.
La fedeltà dell'alleato siamese è compensata da annessioni ai danni della Cambogia. Ma in Indocina, il Giappone conserva, per sua comodità, l'amministrazione francese, almeno sino al 1945. In tal modo sussiste un colonialismo europeo ambiguo. Quanto all'India sembra che i giapponesi non l'abbiano giudicata abbastanza matura per autoamministrarsi; in ogni modo, durante il conflitto, essa resta fuori della loro portata.
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