Per catturare le sue buone grazie, gli inglesi e gli americani hanno realizzato, nella direzione del loro sforzo comune, una cooperazione senza precedenti. In Inghilterra, la direzione della guerra gravava in principio su un gabinetto ristretto; in effetti i suoi colleghi erano d'accordo per lasciarne la responsabilità a Churchill, il cui dinamismo e il cui spirito inventivo facevano meraviglie. I capi di stato maggiore mettevano a punto piani, secondo le direttive del primo ministro che, in seguito, decideva. La situazione era costituzionalmente all'incirca ]a stessa negli Stati Uniti, salvo che il presidente Roosevelt doveva preoccuparsi di più delle reazioni dell'opinione pubblica. Tra Roosevelt e Churchill, molto diversi per carattere, ma ravvicinati dalle identiche vedute sulla eminenza delle loro funzioni e il peso dei loro doven, era sorta una grande amicizia, che divergenze di punti di vista non indebolirono mai. Essi presero l'abitudine di comunicare regolarmente. via cavi che collegavano Washington a Londra, in modo da prendere in comune le loro decisioni. Per prepararle o per metterle a punto, installarono a Washington «uno stato maggiore misto» i cui lavori e la reciproca comprensione furono facilitati dalla lingua comune e che funzionò con efficacia sino alla fine del conflitto. Inglesi e americani non avevano sempre gli stessi punti di vista sulla strategia da adottare o sull'avvenire del mondo. Ma se gli scontri furono numerosi, un accordo fu sempre trovato grazie a reciproche concessioni. I due uomini di Stato si erano intesi senza fatica nel definire i loro scopi di guerra in un documento solenne elaborato prima deIl'entrata in guerra degli Stati Uniti, e battezzato la Carta Atlantica; i governi di tutti gli Stati in guerra con la Gennania ne approvarono i termini. La Carta metteva l'accento sui diritti dei popoli, e sulla necessità della loro cooperazione durante e dopo il conflitto. Riuniti ad Anfa nel gennaio 1943, Churchill e Roosevelt presero un'altra decisione di grande portata, relativa questa volta ai loro avversari; mentre dichiaravano di non fare la guerra ai popoli italiano, tedesco e giapponese, ma ai loro dirigenti, loro cattivi pastori, proclamarono, su suggerimento di Roosevelt, che non avrebbero mai trattato con i loro nemici fino a che questi non avessero accettato e riconosciuto la loro disfatta con una «resa incondizionata», formula che rischiava di impedire qualsiasi compromesso ma che manifestava un'energia e una risoluzione minacciosa per gli aggressori, e confortante per le nazioni oppresse.
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