Ma quando Truman, appena frrmata la capitolazione tedesca, ha messo fine alla legge «affitti è prestiti» in favore dell'Unione Sovietica, Stalin ha protestato, e questo bisogno riconosciuto dell'aiuto americano mostra la differenza della potenza reale tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Il gigante americano, in effetti, gronda di prosperità e ottimismo. Malgrado la mobilitazione di milioni di uomini e le perdite subite, la curva demografica è aumentata; il pieno impiego per la manodopera è stato realizzato; il reddito nazionale è raddoppiato in cinque anni e il bilancio è equilibrato -ma il debito pubblico è quadruplicato. La produzione è progredita considerevolmente in tutti i settori: 33% per l'agricoltura, 40% per il petrolio; 400% per il minerale di ferro; 95 milioni di tonnellate di acciaio escono dagli altiforni e i cantieri navali avviano in un anno il doppio delle navi che i sottomarini tedeschi hanno fatto colare a picco nelle ore peggiori della battaglia dell'Atlantico. Inoltre divenutiti la prima potenza navale al mondo, gli Stati Uniti possiedono un quasi monopolio della navigazione aerea intercontinentale. Inoltre il 60% delle riserve d'oro del mondo hanno trovato rifugio nella banca federale degli Stati Uniti,ciò che fa del dollaro la sola moneta oro; la bilancia commerciale è largamente eccedente e quella dei conti lo è ancora di più.Certo, questa ricchezza è inegualmente ripartita; gli operai, con i loro sindacati, benché il loro livello di vita sia largamente aumentato, denunciano le enormi entrate di numerose imprese ,alcune regioni, il Sud in particolare, si sono un po' più impoverite; soprattutto, alcune categorie della popolazione -i neri, i portoricani, i messicani, e gli stessi canadesi francesi -restano relativamente in uno stato vicino all'incultura e alla miseria. Tuttavia l'influenza degli Stati Uniti è preponderante in tutto il mondo. Chi non è loro debitore a qualche titolo? Il Canada e l'America del Sud sono entrati totalmente nella loro orbita -ma la seconda si adatta più disagevolmente all'american way of life, di cui beneficia soltanto una minoranza privilegiata. Alla fine del conflitto, i soldati pensano che bisogna voltar pagina e che, lasciando il resto del mondo a sbrogliarsela da solo, gli americani potranno ritornare all'era felice dell'incoscienza isolazionista. Gli stessi dirigenti, il presidente Truman in primo luogo, si interrogano sulla via da seguire. Ma una tale potenza non può non avere per corollari impegni della stessa grandezza; bisogna prenderne atto e adattarvisi; in Asia in primo luogo, ma anche in Europa, la fine delle ostilità non è per gli americani che l'inizio di un'altra specie di presenza.
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