Cronologia degli eventi

giovedì 3 febbraio 2011

L' Europa

L'Europa alla fine della guerra 1945
In particolare, l'Europa ne usciva indebolita, e molte potenze di primo piano nel 1939 si trovarono relegate al secondo nel 1945, quelle che erano state vinte, certamente, ma anche alcune che avevano vinto. L'Italia aveva cambiato di campo abbastanza in tempo per evitare il disastro; essa ne tirava a buon conto le somme, e alcune perdite minime di territori in Istria o nelle Alpi francesi non attentavano alla sua integrità territoriale. Ma la guerra aveva mostrato la profonda precarietà delle suest:rutture economiche; il ritorno alla democrazia si era realizzato  troppo rapidamente perchè non sussistessero durevoli strascichi del fascismo la resistenza era unita solo contro il fascismo; nell'immediato, la ricostruzione dell'economia e anche il vettovagliamento della popolazione dipendevano dalla buona volontà degli anglo americani. Per la Germania, la catastrofe era totale; il 1945 era «l'anno zero»; raramente un paese aveva vissuto, in un tempo cosi breve, vittorie e un'espansione così esaltanti, poi una disfatta cosi schiacçiante: l'attrezzatura industriale, ferroviaria e viaria non era più che rovine, e i russi finivano di distruggerla con la rimozione delle macchine intatte; non vi era più Stato, non vi era più Germania, solamente tedeschi demoralizzati per l'ampiezza del crollo, l'assenza di tre milioni di prigionieri di guerra, l'enormità dei crimini hitleriani, la durezza degli occupanti assetati di vendetta. La parte occidentale è sovrappopolata dall'esodo delle popolazioni dell'Est; nella zona britannica, la densità della popolazione si eleva a 246 abitanti a chilometro quadrato; il calo della moralità è generale, la fame incombe, la disoccupazione è la regola. Trasformazione capitale: la casta dei grandi proprietari fondiari e degli ufficiali prossiani è sparita. In effetti, le miniere sono intatte, alcuni settori dell'industria meno colpiti di altri; ma la bancarotta non avrà un termine, e la ripresa non si avvierà se non col consenso degli Alleati -i soli americani se ne preoccupano. Nell'attesa un grande vuoto si è creato al centro dell ' Europa. Non è la Francia che può riempirlo. Certo, essa figura nel novero dei vincitori; la sua ripresa è stata spettacolare e un soffio nuovo, nato dalla Resistenza, anima una opinione pubblica momentaneamente riunita dietro la grande statura del generale De Gaulle. Economicamente la Francia ha cambiato pelle grazie a un dirigismo misurato; ma essa soffre di gravi deficienze, e l'inflazione è in agguato. La politica estera del generale De Gaulle è ambiziosa; egli vorrebbe che la Renania fosse posta sotto la dipendenza francese, e cerca di contro bilanciare la subordinazione verso gli angloamericani con un'alleanza con l'Unione Sovietica. In effetti i «Tre Grandi» non considerano la Francia come loro uguale; l'aiuto americano è inoltre indispensabile alla sua ricostruzione.
Tale è anche per qualche verso la sorte della Gran Bretagna; e la morale della Storia, che riduce a uno stato di semivassallaggio la potenza che, nei giorni più oscuri, ha combattuto da sola la Germania in piena euforia vittoriosa e alla quale il mondo deve tanto, è ben deludente. In effetti, la Royal Navy è eclissata dalla marina da guerra americana; il tonnellaggio dei mercantili. inferiore nel 1945 di sei-milioni di tonnellate rispetto a quello del 1939; arriva appena a un terzo di quello della marina mercantile degli Stati Uniti. Finanziariamente, il mercato di Londra cessa di essere il primo del mondo, i grossi investimenti nell'America del Sud sono stati perduti. è stato contratto un dedbito verso i Dominions, si è negoziato un -prestito enorme; per -cinquant'anni
con gli Stati Uniti, benché sia stata passata la spugna sulle fatture dell'«affitti e prestiti». Il gabinetto laburista non può più differire le riforme sociali, richieste da una massa operaia che ha operato senza recriminare per lo sforzo di guerra; la ricerca del pieno impiego, la nazionalizzazione delle industrie chiave, l'applicazione del «piano Beveridge», divengono obiettivi difficilmente conciliabili con il mantenimento di una politica mondiale di-prestigio. Quanto alla dominazione imperiale, essa dà segni di scricchiolio, e i laburisti sono i primi a volerne ridurre la pesantezza.

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